giovedì 19 novembre 2015
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​Sei studentesse di una scuola superiore decidono di uscire dall’aula durante il minuto di silenzio per le vittime del terrorismo. Sono di religione, o perlomeno di "cultura", musulmana. Il loro gesto viene condannato da più parti, su internet se ne chiede la cacciata dall’Italia con le loro famiglie. Alla dirigente dell’istituto hanno spiegato di aver voluto marcare la diversità di trattamento riservata alle vittime di altre aree del mondo evidentemente a loro più vicine, dalla Siria al Libano, rispetto ai fatti di Parigi. Un gesto esagerato, se si trascura il ruolo giocato dall’adolescenza, unito forse alla volontà di affermare un’origine e un’appartenenza senza per questo tradire la cittadinanza italiana ed europea. Un simpatizzante del terrore non si espone così, urla protetto dalla folla di uno stadio o confabula in codice. All’oscuro, non certo a scuola. Queste ragazze impareranno invece proprio a scuola che non è per sottrazione di impegno che si procede nella civiltà, nella pace e nel rispetto, ma per aggiunta di riflessione. Un minuto di silenzio in più, non uno in meno.
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