Prima quattro Regioni del Nord che impediscono la circolazione alle automobili diesel fino alle euro 3, ora il colpo di genio di Milano che di fronte a più di quattro giorni consecutivi di inquinamento da polveri sottili oltre i limiti – guarda caso proprio successivi alla data di inizio di accensione delle caldaie – blocca anche le euro 4 a gasolio. Vetture non più anziane di 12 anni cioè, dunque non certo “vecchie” per la media italiana (dove rappresentano il 30% del totale), che da un giorno all’altro non solo non possono più essere usate ma che ora valgono quanto un rottame. Lo prevede la legge, è vero, ma solo le buone leggi sono digeribili e rendono più facile fare la cosa giusta. Se l’emergenza ecologia è certa infatti, la strategia per affrontarla pare approssimativa e per molti versi iniqua.
Posto che l’automobile la maggioranza di noi non la usa per giocare, ma principalmente per andare al lavoro, l’obiettivo di una amministrazione virtuosa, dovrebbe essere quello di bilanciare l’interesse della popolazione alla tutela della salute con il suo diritto alla mobilità, o almeno al diritto di proprietà. Qui invece pare che più che limitare gli inquinanti, si pensi sempre e solo a demonizzare l’auto come fonte unica di tutti i mali penalizzando soprattutto le fasce più povere, chi cioè non può davvero permettersi di acquistare un’auto nuova e più ecologica. E che se ne ha scelta una diesel (scellerato lui) è solo perché il gasolio costa meno della benzina e non poteva fare diversamente. Anche tralasciando quanto sostiene l’European Environment Agency, secondo la quale i veicoli sono responsabili del 13% delle emissioni di anidride carbonica e del 20% delle emissioni di ossidi d’azoto e particolato, e che la principale fonte di inquinamento è il riscaldamento domestico, il problema non è, o meglio non può essere solo l’auto a gasolio: semmai lo è l’eccessiva motorizzazione del nostro Paese, dove città come Torino e Roma hanno un tasso di 62 vetture ogni 100 abitanti contro le 25 di Londra.
Ma provvedimenti drastici per la mobilità – e quindi anche questi per la vita delle persone – come lo sono il blocco delle automobili, non si possono assumere senza un dibattito profondo, un’incentivazione seria al rinnovo del parco circolante, un progetto straordinario per il trasporto pubblico. E un piano strutturale nazionale che eviti che ogni città, provincia e regione faccia a capocchia sua e difforme dagli altri, in modo che un viaggio da Roma a Milano non diventi un inferno di regolamenti da consultare, divieti e permessi. Senza questo, ci resta uno Stato che si finge virtuoso ed ecosostenibile, ma solo con i soldi e sulle spalle dei suoi cittadini meno abbienti.
PERCHE' SI' Se penso a quelle morti per smog... di Davide Parozzi