Caro direttore,
con la Risoluzione Capprovata il 18 maggio scorso, la Commissione Esteri della Camera ha impegnato il governo ad «avvicinarsi ai contenuti» del Trattato Tpnw ( Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons) entrato in vigore lo scorso anno che ha per la prima volta proibito il possesso, l’uso, la minaccia dell’uso e lo stazionamento delle armi nucleari. Nella risoluzione – prima firmataria l’ex presidente della Camera Laura Boldrini, che “Avvenire” ha intervistato sabato 21 maggio – si chiede inoltre al governo di «considerare l’ipotesi» che l’Italia partecipi come Paese osservatore alla prossima riunione degli Stati parte a questo Trattato, fortemente sostenuto dalla Santa Sede, che si terrà a Vienna dal 21 al 23 giugno prossimo.
L’iniziativa della Commissione Esteri di Montecitorio è saggia e mira a correggere l’errore commesso da quasi tutti i Paesi Nato e molti membri dell’Unione Europea di non partecipare nel 2017 al pro- cesso negoziale che condusse all’adozione di tale Trattato. Una posizione analoga è stata adottata da tutti i rimanenti Stati militarmente nucleari non membri della Nato: Russia, Cina, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord. Solo l’Olanda, tra i Paesi atlantici, ha avuto il coraggio di affrontare il negoziato ritrovandosi, però, totalmente isolata. Tale boicottaggio ha rappresentato un doppio errore poiché da un lato si è contravvenuto all’obbligo dettato dal Trattato di non Proliferazione Nucleare ( Tnp) di «perseguire in buona fede negoziati relativi alla cessazione tempestiva della corsa agli armamenti nucleari e al disarmo nucleare» e dall’altro si è persa un’occasione per spiegare i motivi per cui tale progetto non sarebbe accettabile e per chiederne, eventualmente, la modifica.
So, direttore, che il giornale da lei diretto ha appoggiato e appoggia il lavorìo dei promotori del Trattato Tpnw – il «Bando della Bomba», come lei ha titolato in prima pagina – che però, a mio parere, hanno sbagliato allorché optarono a favore di un testo massimalista che proibisce “tutto e subito” pur sapendo che ciò non è accettabile per coloro che, a ragione o a torto, impostano la propria sicurezza sulla dissuasione nucleare. Ritengo che sarebbe stato più realistico concentrarsi sulla dimensione umanitaria immediata del problema nucleare, che è quella della proibizione dell’uso dell’arma atomica o quanto meno del suo primo uso ( No first use). L’impegno, insomma, a non colpire per primi. Resta il fatto che il Tpnw è ormai entrato in vigore e che esso celebrerà tra qualche settimana la sua prima riunione.
Ma rimane inalterata l’anomalia per cui i partecipanti a pieno titolo alla riunione saranno tutti Paesi che hanno già rinunciato all’arma nucleare ai sensi del Tnp, mentre mancheranno all’appello proprio i Paesi che possiedono l’arma nucleare e i loro alleati, con il rischio di un divario crescente tra i possessori dell’arma nucleare e i Paesi che a essa hanno rinunciato. Penso che di tutto abbia bisogno la comunità internazionale fuorché di una situazione “muro contro muro” che si aggiunga alla crisi drammatica dell’Ucraina, che ha rinunciato all’arma nucleare nel 1994 e viene ora invasa da uno stato militarmente nucleare, la Russia. È bene ricordare che, in cambio della rinuncia di Kiev al nucleare, Mosca si era impegnata a rispettare l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina e di «astenersi dall’impiego di qualsiasi arma contro di essa eccetto che per l’autodifesa».
Nel prossimo mese di agosto si terrà a New York la grande Conferenza di Riesame del Trattato di Non Proliferazione nucleare, che dovrà affrontare per la prima volta la realtà del nuovo Tpnw il quale, a differenza dal Tnp, non permette più ai cinque Stati allora ufficialmente detentori di possedere l’arma nucleare. Se l’evento di New York si dovesse trasformare in un’ulteriore occasione di scontro e dovesse fallire, dopo i passi indietro nel campo del disarmo già fatti sotto la presidenza Trump, sarebbe un vero disastro.
L’iniziativa della Commissione Esteri della Camera non chiede al governo di firmare o ratificare il trattato Tpnw ma di «considerare l’ipotesi» di partecipare come osservatore a una sua Conferenza come faranno diecine di altri Paesi non parte, tra cui vari membri della Ue. Vi saranno osservatori anche di Paesi Nato come la Germania e la Norvegia e forse i candidati Svezia e Finlandia. Una presenza dell’Italia come osservatore sarebbe un gesto di attenzione che le permetterebbe anche di spiegare i motivi per cui, nell’attuale contesto internazionale, non le è possibile aderire al Tpnw pur condividendone il principale obiettivo che è quello di avvicinarsi a un mondo privo di armi nucleari.
Ambasciatore, già presidente della Conferenza del Disarmo a Ginevra