Caro Avvenire,
Ariana Grande è un’icona molto sessualizzata del complesso industriale mediatico. Quei bambini a Manchester sono morti sull’altare del loro idolo. Allora evito di maledire, per due motivi: primo, maledire non è cristiano; secondo, non saprei da chi cominciare. E poi, stracciarsi le vesti ora è una ipocrita strumentalizzazione dei corpi straziati dei bambini morti a Manchester ieri sera. Piuttosto preghiamo. Preghiamo per avere misericordia da Dio e per le anime dei morti, tutti, e per le anime dei vivi i quali sanno cosa fare per evitare tutto ciò, ma non lo fanno...
Gabriele Alfano via Facebook
«Quei bambini sono morti sull’altare del loro idolo». Fa venire i brividi leggere una frase come questa sulla pagina Facebook di Avvenire, scritta da qualcuno che si presume cristiano. Per fortuna sulla stessa pagina altri lettori hanno subito replicato con nettezza. Eppure non è una voce isolata quella che riportiamo. Gira, in certi ambienti cattolici che si definiscono tradizionalisti, questa idea che i ragazzi morti a Manchester fossero i figli di inadeguati genitori, che li lasciavano andare a un concerto. Un concerto rock di una ragazzina ammiccante – insomma, per dirla con il lettore, una «icona molto sessualizzata del complesso industriale mediatico». E non si deve andare ai concerti delle icone sessualizzate. È, sottinteso, un peccato. E se un kamikaze prende di mira quella serata, beh, quei bambini e adolescenti «sono morti sull’altare del loro idolo». Dispiace, ma in fondo colpa loro, e dei loro inetti genitori. Preghiamo, conclude il signor Alfano, e su questo siamo d’accordo. Preghiamo per i morti e per i vivi e, aggiungo io, per quelli che parlano senza senno né carità. Se avesse davanti le facce straziate dei padri e delle madri di Manchester questo signore oserebbe ripetere le stesse parole? Meriterebbero allora la stessa fine tutti gli altri milioni di ragazzi che vanno ai concerti? E se lo star system crea icone sessualizzate, è una così grave colpa, a sedici anni, lasciarsene sedurre? «Morti sull’altare del loro idolo». Per osare parlare così davanti a ventidue morti bisogna essere in fondo un po’ conniventi anche col carnefice, che, in sostanza, avrebbe applicato una sorta di feroce “giustizia”. Per parlare così bisogna avere in mente un Dio terribile, arcigno, castigatore. Non di certo il nostro Dio, che è un Dio di misericordia, un Dio che ama e perdona con viscere materne. Come l’allora cardinale Ratzinger notò anni fa, nella Scrittura la pietà di Dio è espressa «con un termine gravido di corporeità, “rachamim”, il grembo materno di Dio». E nel grembo materno di Dio, ne siamo certi, non va perduta una sola delle lacrime dei padri e delle madri di Manchester.