A Notre Dame la mite preghiera di due come noi
venerdì 30 ottobre 2020

Ieri mattina a Nizza due donne erano andate in chiesa. Per la Messa mattutina magari, o per una breve preghiera. Quel gesto che facciamo in tanti, e soprattutto in tempi dolorosi come questi: sulla strada del lavoro, o vicino a casa, quasi istintivamente saliamo gli scalini di una chiesa ed entriamo, subito accolti dalla sua penombra silenziosa. Andare a pregare per un malato, per trovare lavoro, o solo almeno per un po’ di pace. Un gesto così semplice, che in chissà quanti facciamo ogni giorno.

E dunque queste donne di cui al momento ancora non sappiamo il nome ieri mattina erano entrate nella cattedrale di Nizza, per pregare. Una aveva settant’anni, e poca fatica deve avere fatto il giovane assassino a sopraffarla, e quasi a decapitarla. Lì, fra i banchi su cui stava assorta, i capelli bianchi, inerme. L’altra donna, ben più giovane, è riuscita a fuggire e a rifugiarsi in un bar, dov’è morta dicendo: «Dite ai miei figli che li amo». Aveva due bambini. E due ne aveva anche il sacrestano, pure trovato nel sangue, accanto all’acquasantiera.

A Nizza quattro anni fa ci fu la strage del 14 luglio, ottanta morti e moltissimi feriti tra la folla di una sera di fuochi d’artificio e di festa, un massacro che raggelò l’Europa. I morti di stamattina a Nizza sono "appena" tre, ma pesano moltissimo. Il sacrestano e ancora più quelle due semplici fedeli: da quanto tempo in Occidente non accadeva di essere uccisi in una chiesa, solo in quanto cristiani? Nel 2016 a Saint-Etienne-du-Rouvray, in Normandia, un anziano sacerdote, Jacques Hamel, venne ammazzato da un terrorista islamico sull’altare, mentre celebrava la Messa. Una morte terribile, una morte da martire, cadere mentre si celebra l’Eucarestia.

Le due donne di Nizza non erano sacerdoti e non erano sull’altare: erano, forse, in ginocchio, o a capo chino, mentre chiedevano alla Madonna o a Cristo una grazia per una persona amata. Chissà, forse lo facevano tutti i giorni, bussando senza stancarsi, come ci è stato insegnato. Nella mitezza assoluta di questo gesto, quanta rabbia doveva avere nel cuore il giovanissimo aggressore per non vedere chi aveva davanti: una donna anziana, una giovane madre che ha cercato disperatamente di scappare, perché voleva rivedere i suoi bambini.

Dolore a Nizza per le vittime dell'attentato

Dolore a Nizza per le vittime dell'attentato - Ansa

Non c’era, nella cattedrale vuota, la folla vasta e anonima di una piazza in festa. Questa volta l’obiettivo erano proprio dei cristiani in preghiera. Nei Paesi del Terzo mondo più avvelenati dal terrorismo islamico, le stragi in chiesa sono frequenti. Ne leggiamo atterriti, ma sono cose, appunto, di Paesi molto lontani. Le due fedeli di Notre Dame di Nizza invece sono ciascuno di noi, quando entriamo in una qualunque chiesa della vecchia Europa. Notre Dame di Nizza, è una ferita profonda. Per questo ieri alle tre le sue campane, e quelle di tutte le chiese di Parigi, hanno suonato a morto. In un Paese travolto dalla pandemia, che conta le vittime a decine e decine di migliaia e si appresta a chiudersi in uno sgomento lockdown, il plumbeo eco delle campane che suonavano per altre morti. Dolore che piove sul dolore: ma, questa volta, per una meditata e libera ferocia, il che rende la cosa ancora più intollerabile.

Ma, ha scritto ieri il Papa: «Prego per l’amato popolo francese, perché possa reagire al male con il bene». A fronte dell’umana rabbia e paura, e dell’odio, e della strumentalizzazione di chi si servirà di queste morti per attizzare altro fuoco, semplicemente una riga: che si possa «reagire al male con il bene». E, se ti fermi a ascoltare, ti sbalordisce e affascina ancora una volta quel capovolgimento del mondo che viene dalle parole di un Uomo vissuto, e messo in croce, duemila anni fa. Quel mite Dio che due donne francesi, ieri, erano andate mitemente a pregare.

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