Ci voleva Papa Ratzinger per ascoltare finalmente un ragionamento illuminato sull’attualità africana, in riferimento alle grandi contraddizioni socio-politicheeconomiche, ma soprattutto antropologiche, che assillano il grande continente. A differenza di certe cancellerie che guardano solo e unicamente alla salvaguardia dei propri interessi geo-strategici, Benedetto XVI è davvero portatore di un Vangelo capace di generare un approccio integrale ai problemi che assillano l’umanità disseminata nei bassifondi della storia. È bastato ascoltare ieri alcuni passaggi del suo intervento all’aeroporto di Luanda, nel corso della cerimonia di benvenuto in terra angolana, per comprendere l’ampiezza di un messaggio straordinariamente profetico. Ha ricordato come la nazione angolana sia ricca di risorse naturali e 'forte' sul piano umano. «Utilizzate queste vostre prerogative per favorire la pace e l’intesa fra i popoli, su una base di lealtà e uguaglianza che promuovano per l’Africa quel futuro pacifico e solidale al quale tutti anelano e hanno diritto». Parole dirette, queste del successore di Pietro che nutre compassione – quel cum patire sinonimo d’empatia del cuore – nei confronti di un popolo, quello angolano, cartina di tornasole dei molti paradossi africani. Se da un parte infatti la crescita economica di questa ex colonia portoghese sfiora il 25% su base annua grazie al fiorente business petrolifero, dall’altra è a dir poco incandescente la questione sociale: su un totale di 16 milioni di abitanti, 14 sopravvivono in condizioni di miseria, mentre gli analfabeti superano il tasso del 70%. Per non parlare dei rigurgiti indipendentistici della più riottosa delle 18 province, la Cabina, da cui peraltro si estrae la metà del greggio angolano. In questo contesto c’è da rilevare che la vecchia leadership, al governo dai tempi della Guerra fredda, è riuscita a rimanere sulla cresta dell’onda, stringendo accordi commerciali soprattutto con i cinesi. Gli eroi dell’indipendenza dal Portogallo oggi vivono arraffando quattrini a destra e a manca e abbracciando un liberismo sfrenato. A differenza del colonialismo occidentale che ha sempre fatto largamente uso della manodopera locale, la Cina sta trasferendo in Angola, come anche nel resto dell’Africa, centinaia di migliaia di propri connazionali (secondo alcune fonti addirittura milioni). Cinesi in stato di detenzione, deportati con lo scopo di realizzare ponti, strade, ferrovie ed altre infrastrutture. Alcuni di loro sono ammassati in veri e propri campi di concentramento, altri sopravvivono in condizioni pietose dentro gigantesche tendopoli. A parte i galeotti comuni, tra i deportati figurano anche detenuti per reati d’opinione: politici, insegnanti, avvocati, medici, economisti. Dal canto loro gli angolani fanno fatica a sbarcare il lunario e assistono impotenti alle azioni predatorie delle compagnie cinesi, di altre nazioni straniere e in alcuni casi multinazionali. Basta camminare nelle baraccopoli di Luanda per rendersi conto di cosa stiamo parlando. Ecco perché, senza citare direttamente i soggetti di questo neocolonialismo del Terzo Millennio, Benedetto XVI ha invitato il popolo angolano e in primis la sua classe dirigente a «non arrendersi alla legge del più forte», non svendendo cioè «la propria dignità». A questo proposito ha richiamato i fondamentali del suo magistero, affermando che queste ingiustizie sono inaccettabili perché «Dio ha concesso agli esseri umani di volare, al di sopra delle loro tendenze naturali, con le ali della ragione e della fede». Poche ore dopo l’arrivo a Luanda, incontrando le autorità politiche e il corpo diplomatico, ha rincarato la dose, ricordando che è necessario affermare uno sviluppo etico facendosi portavoce dei poveri che «chiedono una conversione profondamente convinta e durevole dei cuori alla fraternità ». Nel frattempo, è bene rammentarlo, la Chiesa Cattolica non sta alla finestra a guardare. «Per volontà del suo divino Fondatore – ha ricordato il Papa – essa è accanto ai più poveri di questo continente», grazie alla dedizione, senza riserve, di tanti apostoli del nostro tempo.