L'installazione interattiva all'Internet festival di Pisa progettata da Cnr-Ifc e Sheldon.studio - Cnr-Ifc
Sei miliardi di persone ogni giorno conversano, discutono, si innamorano, litigano, si feriscono online: Internet non è più virtuale. In aeroporto, a scuola, in spiaggia, in palestra o nella propria casa, il web ha sfumato i confini delle relazioni, avvicinando e allontanando le persone allo stesso tempo, nel bene e nel male. E pure il vocabolario delle espressioni, mutuate dall’inglese, che descrivono questa relazionalità, tutta online, è in continuo cambiamento: dal più noto ghosting, rendersi un fantasma, ossia sparire dalle conversazioni online, al phubbing che contraddistingue, nostro malgrado, sempre più spesso, le nostre chiacchiere a tavola o in compagnia, ossia quando capita di nascondersi dietro lo schermo di uno smartphone anziché avere un’interazione reale. Fino alle loot box, che in gergo significano bottini, e sono come delle scatole misteriose che si trovano, sempre più all’interno dei videogiochi e implicano dei pagamenti online per aprirle.
All’Internet Festival 2024 di Pisa per raccontare questi meccanismi emergenti e massicciamente diffusi online si è scelto di darne una rappresentazione plastica: BLURM3NOT è il nome di questa particolare installazione interattiva che comunica attraverso dati e, a sua volta, genera dati e conoscenza su questi fenomeni innescati dal web. I nostri smartphone si trasformano in lenti d’ingrandimento attraverso cui esplorare dati sul phubbing, sul ghosting e sulle loot box: dati che generano altri dati, quelli sulle percezioni di chi partecipa e interagisce, che appaiono in tempo reale su maxischermi.
Nel dettaglio, i numeri con cui si può entrare in contatto all’IF 2024 di Pisa – che si chiude domenica – sono stati estrapolati dalla ricerca Espad Italia 2023. Verranno pubblicati integralmente in un volume a fine anno, e oltre ai comportamenti d’uso di alcol, tabacco e sostanze psicotrope, da più di 10 anni indagano in maniera sempre più approfondita l’utilizzo di Internet da parte dei giovanissimi. Nella ricerca italiana Espad, ogni anno, si leggono domande rivolte a studenti fra i 15 e i 19 anni delle scuole superiori che riguardano anche la dipendenza da smartphone: “Ti è capitato di sentirti nervoso quando non avevi con te il telefono?”, oppure “Ti è mai successo di bloccare in maniera repentina e improvvisa una persona (ghostare) senza dare spiegazioni e di evitare le sue chiamate o messaggi?”.
E le risposte cosa ci dicono? Stando ai risultati Espad, nel 2023, il fenomeno del ghosting ha coinvolto più di uno studente su dieci tra i 15 e i 19 anni, soprattutto ragazze (46%; M=27%). Tra loro, il 14% (M=8,5%; F=18%) ha fatto esperienza di entrambe le modalità del fenomeno ricoprendo il doppio ruolo di ghostato o ghostatore. Gli amici sono stati i principali autori di ghosting (55%), seguiti da conoscenti (36%), partner (26%) e parenti (2,4%). E tra i dati più interessanti, sempre tra gli studenti che affermano di esser stati ghostati, gran parte delle relazioni intrattenute con le persone sopra citate erano di tipo fisico (77%; virtuale: 41%). Digitale e reale, dunque, non sono più separati, dal digitale si entra nel mondo reale, anche se a spaventare e a mettere in difficoltà i più giovani sembra essere proprio il confronto, come se esistesse una sorta di incomunicabilità di fondo persino tra persone amiche.
Allo stesso modo il phubbing può essere correlato a un disagio comunicativo e alla presenza fisica: il 40% degli studenti e delle studentesse sotto i 19 anni, infatti, ha risposto di guardare, spesso, il telefono anche in compagnia di amici o familiari (maschi: 36,9%; femmine: 43,4%). Tra questi, il 30% ha ricevuto anche lamentele per questa forma di disinteresse verso chi ha intorno. E quasi tre su dieci hanno affermato di sentirsi nervosi quando non hanno con sé lo smartphone. Solo il 5% sembra consapevole di passare più della metà del tempo col device in mano, trascurando le interazioni “faccia a faccia”.
Anche il gaming può, talvolta, assumere risvolti problematici, laddove il tempo di gioco risulti eccessivo: in Italia la media è di 2,9 giorni a settimana, contro quella europea che è di 2,5 giorni a settimana. Inoltre, le cosiddette loot box nei videogiochi e il gioco d’azzardo presentano meccanismi psicologici e strutturali simili, che possono spingere i videogiocatori – soprattutto i più giovani – a spendere non solo tempo, ma anche denaro: «Sia con le loot box sia nel gioco d’azzardo, i giocatori possono sperimentare quelle che vengono definite “quasi-vittorie”, ovvero casi in cui ci si avvicina molto, ma non esattamente, a ottenere una ricompensa desiderata. Anche questo alimenta l’attesa e la spinta a riprovare» ha spiegato la ricercatrice Sonia Cerrai, che si occupa di epidemiologia e ricerca sui servizi sanitari presso l’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa. Ci sono poi fattori competitivi, sfide tra giocatori, classifiche, che incentivano la compulsione a ripetere l’acquisto. Per questo motivo le loot box sono all’attenzione della comunità scientifica, poiché potrebbero funzionare da training per il gioco d’azzardo, e per le loro implicazioni etiche, specialmente quando vengono utilizzate per incentivare acquisti ripetuti o quando sono accessibili ai giocatori più giovani.
Per il phubbing – ma pure il gaming – questi numeri si abbassano nella misura in cui i ragazzi e le ragazze si sentono soddisfatti di sé stessi e del rapporto positivo costruito con genitori e amici. L’isolamento sociale non è, dunque, determinato da Internet: semmai il suo utilizzo problematico va associato a più elevati livelli di depressione, aggressività, timidezza, ansia e alla mancanza di una rete familiare, sociale ed educativa funzionale. Dalle ricerche Espad Italia degli ultimi anni emerge che i rapporti personali, in modo accentuato dalla pandemia, siano andati verso una destrutturazione. «I nostri dati suggeriscono che non si possa più affrontare la prevenzione concentrandosi su singoli comportamenti a rischio o sull’uso di specifiche sostanze. Piuttosto, diventa sempre più evidente l’urgenza di adottare un approccio integrato che abbracci la complessità dell’universo adolescenziale, focalizzandosi sui ragazzi, sulle loro necessità e sul bisogno di maggiore consapevolezza» ha spiegato ancora Cerrai.
Se strumenti ed evidenze scientifiche sono innazitutto la base per i decisori politici, per chi deve programmare le politiche di prevenzione e trattamento, l’Internet Festival di Pisa, che quest’anno ha come tema la parola “Generazioni”, ha scelto di restituire i dati al centro della ricerca Espad, trasformandoli in un’esperienza accessibile a chiunque sia curioso o interessato al mondo di Internet: «Questa modalità interattiva di BLURM3NOT (in inglese, blur me not significa letteralmente “non mi sfocare”, “mettimi a fuoco”, ed è un riferimento allo scopo di questa ricerca che vorrebbe fotografare i comportamenti che coinvolgono i ragazzi nel mondo digitale), che offre una restituzione in diretta della correttezza o meno delle risposte, sprona i partecipanti a saperne di più – ha aggiunto Cerrai –. Il nostro obiettivo è stato quello di sensibilizzare non solo i ragazzi ma anche i docenti a stare più allerta sui comportamenti a rischio che li circondano, ad averne maggiore consapevolezza» e laddove ne incontrino, a sapere come reagire, come farsene carico per non lasciare indietro nessuno in dinamiche che possono, se trascurate o ignorate, trasformarsi in comportamenti a rischio o dipendenze.
GLOSSARIO
PHUBBING. Il termine unisce le parole inglesi “phone” e “snubbing”, ossia il sostantivo telefono unito al verbo ignorare. Il “phubber” è colui che snobba gli altri, mentre il “phubbee” è colui che subisce la situazione vedendosi ignorato. Alla base del “phubbing” c’è la dipendenza da smartphone che a sua volta ha come fattori determinanti la “internet addiction”, la cosidetta “Fomo” (“fear of missing out”, la paura e l’ansia di esser tagliati fuori, di perdersi qualcosa di interessante sui social o in generale online, accompagnata al pensiero che gli altri stiano facendo qualcosa di più interessante di quello che stiamo facendo noi) e la mancanza di autocontrollo.
GHOSTARE. Il termine deriva dal verbo inglese “ghost”, che significa sparire. Fare “ghosting” significa interrompere all’improvviso e senza dare alcuna spiegazione ogni tipo di relazione con una persona, facendo in modo di non essere più rintracciabile, ignorando chiamate, messaggi e altre ricerche di contatto.
LOOT BOX. Il termine in inglese significa forziere, bottino. Nei videogiochi sono pacchetti di contenuti digitali che i consumatori acquistano con denaro reale, senza però sapere quali vantaggi o oggetti da utilizzare nel gioco troveranno al loro interno. In altre parole, sai cosa compri, ma non sai cosa trovi. Le dinamiche sono simili a quelle del gioco, d’azzardo e in particolare delle slot machine.