Caro direttore,
vorrei tornare sulle parole del Pontefice in tema di carenza di adozioni, che ho ascoltato con interesse e preoccupazione. I numeri sono effettivamente drammatici ma qualcosa proprio non mi torna: sono a conoscenza di coppie che hanno avuto iter drammatici e spese impossibili, che li hanno portati fino a desistere! Forse le parole del Pontefice, oltre che una scossa alle coscienze, potrebbero essere viste come un monito per rivedere radicalmente procedure inutilmente complesse che – forse – celano anche qualche interesse di altra natura da parte di chi le mette in atto e le gestisce. Che ne pensa? Un caro saluto
Marco Rotili
C’è molta verità in quel che lei dice, caro amico. E la preoccupazione di papa Francesco è sacrosanta. Da anni, infatti, sulle nostre pagine annotiamo il calo della delle adozioni, spieghiamo le diverse le ragioni (anche cultural-esistenziali) del fenomeno e documentiamo e denunciamo le difficoltà frapposte sul cammino delle famiglie che desiderano adottare. Mi è già capitato in altre occasioni di manifestare la mia ammirazione per le coppie che scelgono di vivere così (o anche così) maternità e paternità. Dunque, sì: si possono e si devono liberare (almeno qui in Italia) i processi adottivi da pesi e lungaggini burocratiche. Detto questo, però, è giusto ricordare che ci sono anche delicate procedure di verifica della qualità e della solidità di coloro che intendono adottare. E a queste non si può rinunciare. Perché tutto è, e deve essere, orientato a dare la migliore condizione familiare possibile al bimbo o alla bimba, nell’interesse primario dei piccoli, non a esaudire il desiderio di due adulti. So che anche su questo siamo perfettamente d’accordo.