venerdì 19 novembre 2010
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Caro direttore, leggo le congratulazioni entusiastiche che in queste ore giungono a Gianna Nannini per la nascita della figlia Penelope. Tanto entusiasmo mi sollecita alcune riflessioni. Anche alla luce di una cortese richiesta che mi è pervenuta tre giorni fa proprio dall’ufficio stampa dell’artista. Premessa: anche io credo che la Nannini sarà una brava mamma, e questo nonostante non condivida la sua scelta. Personalmente, resto convinta che sia ingiusto privare fin dalla nascita un bambino del proprio padre o di una madre che possa accompagnarlo per una parte ragionevole della sua vita. Ogni volta che ciò capita a seguito di una disgrazia o di un dramma familiare, possiamo solo arrenderci al destino. Quando succede per la libera scelta di una donna, penso invece che si assuma una responsabilità importante nei confronti del proprio figlio. Per non parlare di tutti i bambini abbandonati in attesa di un’adozione. Detto questo, non ho motivo di dubitare che Penelope sarà una bambina amatissima da una madre affettuosa e intelligente. Ciò che mi lascia perplessa è piuttosto la richiesta di una dichiarazione sulla vicenda che mi è pervenuta dallo staff della Nannini poche ore prima della nascita della piccola. Con una curiosa motivazione, come: «Stiamo raccogliendo alcune affermazioni da parte di politici, preti, personaggi dello spettacolo, etc.. per creare un po’ di dibattito intorno a questo evento». Non sono in grado di giudicare nessuno, dico solo questo. Non ho ancora avuto figli, spero di averne in futuro, ho potuto vivere parzialmente l’emozione della maternità attraverso una sorella a cui sono legatissima e le sue bambine. Ma, come quasi tutte le donne del mondo, mi sono spesso interrogata su quali emozioni possano invadere l’animo di una madre che sta per dare alla luce il suo primo figlio. Sei lì, ci sei quasi, magari hai paura che qualcosa vada storto, ma pensi pure che finalmente stai per guardare in faccia quella persona che ti scalciava dentro, immagini l’attimo in cui la appoggerai al petto, i vestitini che le devi assolutamente comprare, e ti commuovi pensando alla vita che avrà, grazie a te, come nella canzone di Baglioni. Insomma, immagino che a qualche ora dal parto penserei a tante cose, tranne che a far chiamare il mio ufficio stampa per raccogliere delle dichiarazioni utili ad avviare un po’ di dibattito intorno alla nascita di mio figlio. Ecco perché sono francamente altre le storie alle quali applicherei le entusiastiche parole con le quali, ad esempio, la mia amica Giulia Bongiorno salutava ieri, dalle colonne del "Corriere della Sera", le donne libere come la Nannini, che non si arrendono mai, «che sanno attingere dentro di sé una forza e una determinazione che rendono possibile raggiungere qualsiasi obiettivo». Ed ecco anche il motivo per cui credo sia utile battersi non solo per i nostri diritti di libertà, ma anche per i diritti di coloro che mettiamo al mondo.

Giorgia Meloni, Ministro della Gioventù

Il retroscena è eloquente, onorevole ministro Meloni, e lei ce lo porge con garbo. Francesco D’Agostino, su Avvenire del 28 agosto scorso, annotava a proposito della straordinaria gravidanza di Gianna Nannini una riflessione potente: «Se il singolo riesce a soddisfare un suo desiderio biologico un tempo inappagabile (come procreare oltre il limite della menopausa), ciò non dipende dal fatto che la società benevolmente si attiva per compiacerlo, ma al contrario dipende dal fatto che egli (più o meno consapevolmente) affida la sua fisicità al complesso gioco tecnologico e tecnomorfico oggi dominante, illudendosi di usarlo e dominarlo, quando invece ne viene usato e dominato». Ricordo questo passaggio di un editoriale assai bello perché penso che potremmo intitolare questo nostro dialogo, gentile Ministro, allo «staff che punta a usare l’evento che usa la sua protagonista» e rende definitivamente il suo vissuto, al pari di un suo disco, mero "prodotto" da promuovere. Proprio come "prodotto" (di desiderio e non di relazione) è la bambina che è stata generata e promossa, e che nascerà già orfana. Un tempo, forse, avremmo parlato di dolente cosificazione delle persone. Una mia collega, Lucia Bellaspiga, si è già pubblicamente interrogata anche su questo dopo essere stata interpellata da un settimanale. Lei, donna e politico, provocata da questa vicenda e dal suo dietro le quinte, immagina una rinnovata «battaglia» per i diritti di libertà delle madri e, assieme, per i diritti dei figli. Io, uomo e padre, vorrei solo dire il mio augurio più tenero a una bimba ancora non nata: Penelope abbia amore e più famiglia possibili, non uno staff.
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