Invece, dall’interno di quella classe dirigente occidentale che dovrebbe impegnarsi a liberare i neo-schiavi, si alzano ciclicamente voci bipartisan che reclamano la regolarizzazione del turpe mercato di esseri umani. Ciò, senza il minimo riguardo per la dignità di creature vulnerabili e indifese, ignorando la vergognosa regressione offerta agli occhi dell’opinione pubblica. Una riproposizione della mentalità schiavista che annoverava tra le fonti di arricchimento il fiorente commercio affidato a quelle navi negriere che, oggi, con un subdolo linguaggio economicistico verrebbero definite strumenti per accrescere il Pil.
Fin qui le miserie e le inadeguate forze umane. Da qui l’indispensabile ricorso al cielo. La memoria liturgica di santa Giuseppina Bakita, quindi, è l’occasione per attualizzare l’esemplare figura della schiava sudanese liberata, divenuta religiosa canossiana, canonizzata durante il Grande Giubileo del 2000. Un’opportunità per esortare tutti a prendersi cura delle vittime della tratta. È un bene che ora nella Chiesa in tanti si preoccupino delle 'persone crocifisse'. Risuonano profetiche le parole di don Oreste Benzi che alle «sorelline » sfruttate sulla strada decise di dedicare un apposito servizio, che continua. Neppure la pandemia ferma, infatti, il turpe mercimonio coatto che le incatena ai marciapiedi.
Il lockdown rende meno visibili le nuove schiave confinandole in aree sempre più periferiche e isolate. Questo mercato degradante alimentato dalla tratta non conosce flessioni e resiste persino alla chiusura delle città. Quello che per volume di affari è il terzo business illegale dopo il traffico di droga e di armi, espone le vittime all’ulteriore pericolo di contagio da Covid, sottomettendole ancora di più alla tirannia delle organizzazioni criminali. Questa persistenza, anche in pandemia, di uno sfruttamento privo di scrupoli ne conferma la disumanità e ci fa tornare in mente, nel mezzo di una schiavitù ignobile, le parole di Gesù: 'Il Regno dei cieli è qui su questa terra'. Infatti 'dove abbonda il peccato, sovrabbonda la Grazia'.
Quindi, se neanche l’emergenza sanitaria arresta la vendita di esseri umani, allora non basta la ragione, serve la preghiera. La Carta europea dei diritti fondamentali stabilisce che la dignità della persona umana è sempre inviolabile e meritevole di tutela. Ma sulle strade, a ogni ora del giorno, è un inferno. La prostituzione è un male in sé. Perciò la tratta, che né è l’origine, non può essere favorita né tollerata in nessun modo. Si è soliti dire: 'Chi paga ha sempre ragione'. Attenzione, ci pensino bene i cosiddetti 'clienti' complici di tutti i traffici degli indifesi: ad essere degradati a merce potrebbero essere un giorno anche i loro figli e figlie, i nipoti.
Invece, dall’interno di quella classe dirigente occidentale che dovrebbe impegnarsi a liberare i neo-schiavi, si alzano ciclicamente voci bipartisan che reclamano la regolarizzazione del turpe mercato di esseri umani. Ciò, senza il minimo riguardo per la dignità di creature vulnerabili e indifese, ignorando la vergognosa regressione offerta agli occhi dell’opinione pubblica. Una riproposizione della mentalità schiavista che annoverava tra le fonti di arricchimento il fiorente commercio affidato a quelle navi negriere che, oggi, con un subdolo linguaggio economicistico verrebbero definite strumenti per accrescere il Pil. Fin qui le miserie e le inadeguate forze umane. Da qui l’indispensabile ricorso al cielo.
La memoria liturgica di santa Giuseppina Bakita, quindi, è l’occasione per attualizzare l’esemplare figura della schiava sudanese liberata, divenuta religiosa canossiana, canonizzata durante il Grande Giubileo del 2000. Un’opportunità per esortare tutti a prendersi cura delle vittime della tratta. È un bene che ora nella Chiesa in tanti si preoccupino delle 'persone crocifisse'. Risuonano profetiche le parole di don Oreste Benzi che alle «sorelline » sfruttate sulla strada decise di dedicare un apposito servizio, che continua. Neppure la pandemia ferma, infatti, il turpe mercimonio coatto che le incatena ai marciapiedi. Il lockdown rende meno visibili le nuove schiave confinandole in aree sempre più periferiche e isolate. Questo mercato degradante alimentato dalla tratta non conosce flessioni e resiste persino alla chiusura delle città. Quello che per volume di affari è il terzo business illegale dopo il traffico di droga e di armi, espone le vittime all’ulteriore pericolo di contagio da Covid, sottomettendole ancora di più alla tirannia delle organizzazioni criminali.
Questa persistenza, anche in pandemia, di uno sfruttamento privo di scrupoli ne conferma la disumanità e ci fa tornare in mente, nel mezzo di una schiavitù ignobile, le parole di Gesù: 'Il Regno dei cieli è qui su questa terra'. Infatti 'dove abbonda il peccato, sovrabbonda la Grazia'. Quindi, se neanche l’emergenza sanitaria arresta la vendita di esseri umani, allora non basta la ragione, serve la preghiera. La Carta europea dei diritti fondamentali stabilisce che la dignità della persona umana è sempre inviolabile e meritevole di tutela. Ma sulle strade, a ogni ora del giorno, è un inferno. La prostituzione è un male in sé. Perciò la tratta, che né è l’origine, non può essere favorita né tollerata in nessun modo. Si è soliti dire: 'Chi paga ha sempre ragione'. Attenzione, ci pensino bene i cosiddetti 'clienti' complici di tutti i traffici degli indifesi: ad essere degradati a merce potrebbero essere un giorno anche i loro figli e figlie, i nipoti.
Associazione Giovanni XXIII