I trenta articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, promulgati a Parigi il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con le macerie della Seconda guerra mondiale da poco rimosse, possono essere considerati la Carta costituzionale del mondo: l’ideale comune che tutti i popoli e le Nazioni della Terra, marchiati a fuoco per sempre dallo sfregio indelebile della Shoah, dovrebbero raggiungere.
Il condizionale è d’obbligo, dal momento che nei settant’anni seguiti a questo solenne pronunciamento, firmato perfino da Stati non proprio titolati a farlo, abbiamo purtroppo dovuto scrutinare il continuo clamoroso tradimento di quegli stessi princìpi di uguaglianza e fraternità così pomposamente dichiarati al Palais de Chaillot, sulla cui spianata Adolf Hitler aveva sfilato vittorioso coi suoi generali appena otto anni prima.
Ancora oggi, nostro malgrado, dobbiamo ammettere che molte di quelle sacrosante asserzioni, relative all’uguaglianza delle posizioni di partenza, alla tutela della dignità umana in ogni sua forma, alla garanzia della parità uomo-donna, al diritto all’istruzione, al lavoro, all’assistenza medica, alla cittadinanza e al libero pensiero e movimento, in numerose parti del pianeta sono lettera morta, pura enfasi retorica, semplice carta straccia.
Troppo spesso i codici, anche nel Mar Mediterraneo, diventano spugne che lavano il sangue. Utili solo a rafforzare gli alibi interiori di quanti si limitano ad eseguire il mansionario e credono così di essere inattaccabili solo perché giuridicamente protetti e legittimati da una norma o un regolamento. I muri, invece di cadere, dal confine messicano alla Cisgiordania, dal Sahara Occidentale al Bangladesh, dalla regione balcanica allo Zimbabwe, come ci spiega Tim Marshall nel suo ultimo libro, sono stati ricostruiti: quelli dentro di noi, in particolare, sembrano i più gravi perché generano indifferenza, solitudine e razzismo. La schiavitù non ha mai smesso di proliferare. La tortura, diffusa e rilanciata in Rete, è praticata ormai quasi sotto i nostri occhi. Molte persone sono arbitrariamente arrestate, detenute, esiliate. I bambini, soprattutto, vengono oltraggiati.
È vero: ci sono tanti angeli per le strade delle nostre città fumose, simili ai messaggeri infreddoliti del Decalogo di Kieslowski, seduti accanto al fuoco, vagabondi ai crocicchi delle strade, i quali vorrebbero segnalarci i pericoli a cui andiamo incontro, ma a volte ci sembrano ammutoliti, come se anche loro avessero perso la speranza. Vi abbiamo detto tutto e voi non ci avete ascoltato. Allora, nei momenti di sconforto, andiamo a rileggerci questa Magna Carta delle Buone Intenzioni. Non perdiamoci d’animo. Dobbiamo sforzarci di credere che la natura animale, presente in noi, non possa prevalere.