Intimidire i benefattori non è un'opzione. Agisca chi ha il dovere
sabato 1 settembre 2018

Striscioni offensivi e minacce sul Web. Movimenti nazionali e iniziative di gruppi locali cercano di guadagnare facili consensi e di mettere sulla difensiva vescovi, Caritas e comunità che hanno scelto la via generosa e più scomoda dell’accoglienza di fronte al dramma dei cento profughi salvati dalla nave "Diciotti". Si tratta di mettere in pratica il Vangelo, concretamente, rispondendo a una crisi umanitaria e ai bisogni specifici di persone che in questo modo troveranno una seconda chance per le proprie esistenze.

I giovani eritrei, in piccolissimi gruppi, da Vicenza ad Ascoli, da Milano a Taranto, troveranno un percorso di integrazione che li porterà, se vorranno, a diventare cittadini ben inseriti. Non invadono e non "sostituiscono", come diceva un becero slogan proposto da Forza Nuova. Quello che andrebbe sostituito, e rapidamente, è il clima di intolleranza che sembra avere acquisito spazio e impunità nel Paese. Come se intimidire chi lavora per i poveri e per il bene pubblico sia un’opzione politica al pari di tante altre forme di propaganda. Una deriva da fermare. E il compito spetta, secondo l’architettura istituzionale, proprio al Ministero dell’Interno e al suo titolare.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI