I fedeli in Cattedrale alla veglia di preghiera per don Roberto - Ansa
Una grande folla di persone ha partecipato martedì sera al Rosario in suffragio di don Roberto Malgesini, ucciso da un senzatetto nella sua parrocchia. La celebrazione si è svolta nella Basilica Cattedrale di Como, presieduta dal vescovo, monsignor Oscar Cantoni. Tantissimi sono rimasti fuori, a pregare in silenzio.
Il vescovo Cantoni durante la sua riflessione in Duomo - Foto Il Settimanale della Diocesi di Como
Qui di seguito le parole del presule
Abbiamo pregato Maria, madre di Cristo e dei suoi discepoli, nel giorno in cui la Chiesa universale la venera come madre addolorata.
Non è un caso se, proprio in questo giorno, il nostro don Roberto è passato da questo mondo al Padre, a causa di un gesto inconsulto di uno squilibrato.
La vergine madre, Maria, lo ha preso oggi tra le sue braccia, come già fece con il suo figlio Gesù, staccato dalla croce. Ha offerto don Roberto al Padre quale immagine reale di ogni sacerdote conformato al Figlio suo, dispensatore della misericordia di Dio.
Anche la madre Chiesa che è in Como, accoglie tra le sue braccia il nostro don Roberto, insieme a noi, traumatizzati per la sua morte, ma fermi nella consolazione di Dio.
Abbiamo tra noi un nuovo “martire della carità”, a volte incompreso, come già nel 1999 don Renzo Beretta, un altro prete che si è donato con larghezza a Cristo riconoscendolo nei poveri e accomunato alla stessa sorte di don Roberto.
La piazza davanti al Duomo gremita di comaschi in preghiera - Foto Il Settimanale della Diocesi di Como
Come Maria, che il vangelo di Giovanni presenta mentre "stava presso la croce di Gesù", cosi don Roberto non è scappato davanti alle tante croci dei fratelli, non ha fatto grossi discorsi suoi poveri, non li ha distinti tra buoni e meno buoni, tra i nostri o gli stranieri, tra cristiani o di altre confessioni, ma si è prodigato con amore in totale umiltà, senza clamore e senza riconoscimenti di sorta. Amava agire in sordina, quasi di nascosto, in piena discrezione.
Ricordo don Roberto come un prete felice. Felice di amare Gesù servendolo nei poveri, nei profughi, nei senza tetto, nei carcerati, nelle prostitute.
Nei poveri riconosceva "la carne viva" di Cristo, a cui si era donato attraverso uno speciale ministero che potremmo definire "di carità spicciola", indirizzato alle persone singolarmente prese, a cui offriva tempo, energie, delicate attenzioni e premure, soprattutto un grande cuore.
L'interno della Cattedrale di Como durante il Rosario - Foto Il Settimanale della Diocesi di Como
I comaschi, quelli almeno che preferiscono gli occhi alle orecchie, ossia che riconoscono chi agisce concretamente, piuttosto di chi lancia proclami vuoti, nutrivano per lui una garbata ammirazione e non hanno mancato di riconoscere in lui un pastore degno di stima e di affetto. Mi stupiva quando, camminando con lui in città di Como, molti comaschi lo salutavano con simpatia.
Questa sera Lo piangono anche i tanti suoi assistiti, di nazionalità, culture, religioni diverse. Nutrivano un grande rispetto e una profonda riconoscenza per lui, che classificavano facilmente come un padre, che aveva sempre tempo per ciascuno di loro.
Nei giorni scorsi ho additato suor Maria Laura Mainetti e padre Giuseppe Ambrosoli, i nostri due prossimi beati, come vite esemplari di discepoli, testimoni della misericordia di Dio. Oggi se ne aggiunge un altro, non meno valido e di estrema attualità, don Roberto.
In preghiera davanti al Duomo la folla che non è riuscita a trovare posto nella chiesa - Foto Il Settimanale della Diocesi di Como
Egli riflette, dentro il clima disumano che in questo periodo spesso respiriamo, il segno vivo della tenerezza di Dio padre, che vuole fare della Chiesa del suo Figlio un ambiente di misericordia, dei figli della Chiesa degli umili suoi banditori e del mondo un luogo dove tutti si riconoscono fratelli.
I giovani, che sono alla ricerca di testimoni veri ed autentici di piena umanità e che esigono dalla comunità cristiana figure presbiterali di autentico riferimento, hanno trovato in don Roberto una immagine di prete bella, schietta e serena, quella in cui possono identificare al meglio la nostra Chiesa e con lei impegnarsi a servizio di Cristo e dei fratelli.
È sempre valida e attuale l'affermazione di Tertulliano, un autore africano del secondo secolo, che ci ricorda come "il sangue dei martiri sia seme di nuovi cristiani". Mentre san Luigi Guanella, nostro diocesano, diceva che "patimenti straordinari, grazie straordinarie".
Il vescovo Cantoni sulla soglia del Duomo prega con la gente rimasta sulla piazza - Foto Il Settimanale della Diocesi di Como
Possa il sacrificio di don Roberto contribuire a promuovere quella cultura della misericordia che è lo scopo fondamentale del Sinodo che stiamo celebrando. Don Roberto dia nuovo impulso al nostro Presbiterio e a me stesso per poter ripartire con rinnovata forza d'animo e nuovo slancio pastorale con lo stesso gusto di carità che ha contraddistinto il suo ministero tra noi.