Voleva essere una prova della benevolenza del sedicente Stato islamico nei confronti dei
dhimmi (la gente protetta), cristiani che vivono nei suoi territori, ma così non è stato. Il video pubblicato nei giorni scorsi dalla potente macchina propagandistica dell’Is mostra la “punizione” inflitta ai cristiani di Mosul dopo la loro cacciata dalla città, avvenuta nel luglio dell’anno scorso. Scorrono immagini della distruzione dei “simboli del politeismo” con l’abbattimento di croci, altari, statue e campane. La colpa dei cristiani di Mosul? Si sono rifiutati di "collaborare" come avevano fatto i loro correligionari di Raqqa, in Siria, spiega un responsabile dell’Is, lodando la “magnanimità” di Abu Bakr al-Baghdadi, che avrebbe potuto ordinare di ucciderli. La “collaborazione” richiesta era stata illustrata nella prima parte del video per bocca di sei cristiani di Raqqa. “Ci hanno convocato al tribunale islamico – spiegano l’uno dopo l’altro – e chiesto di optare tra la conversione all’islam, il pagamento della
jizya (la tassa prevista dal Corano per i non musulmani, ndr) o la guerra. Abbiamo scelto la jizya e così siamo potuti rimanere nelle nostre case”. Ovviamente, nessun cenno nel video al fatto che questo assoggettarsi ai precetti dell’islam non ha risparmiato le chiese di Raqqa, alcune delle quali sono state trasformate in moschee. (
Pubblichiamo qui di seguito alcuni frame del video, che è interamente in arabo).