sabato 15 giugno 2024
Il primo passo in Svizzera di quella che vuole essere una iniziativa globale. Si cerca un accordo su sicurezza alimentare, nucleare e scambio dei prigionieri. Oggi le conclusioni
Il capo di Stato, Volodymyr Zelensky con la presidente svizzera Viola Amherd. A destra la vice-presidente Usa, Kamala Harris

Il capo di Stato, Volodymyr Zelensky con la presidente svizzera Viola Amherd. A destra la vice-presidente Usa, Kamala Harris - Reuters

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«Essere riusciti ad organizzare questo incontro diplomatico è già, di per sé, un grande successo» afferma Volodymyr Zelensky – atterrato un’ora prima in elicottero a Bürgenstock – con a fianco la presidente della Confederazione elvetica Viola Amherd: «Insieme stiamo facendo il primo passo verso una pace giusta, basata sulla Carta delle Nazioni Unite e sui principi fondamentali del diritto internazionale». Ha lo sguardo stanco e la voce roca Zelensky, appena giunto dal G7 di Borgo Egnazia, mentre ringrazia la padrona di casa Viola Amherd e sottolinea la presenza a Lucerna anche di «Arabia Saudita, India, Messico».
Non è un vertice degli alleati – G7, Paesi Nato e Ue – ma vuole essere un vero tentativo della comunità internazionale. Dopo 28 mesi di invasione e guerra in Ucraina valuta dal «criminale Putin», sono 92 le delegazioni nazionali presenti (più otto enti internazionali), 57 capi di Stato e di governo da tutto il mondo. Si nota la presenza del Brasile e del Sudafrica con un inviato, ci sono il ministro degli Esteri dell’India e dell’Arabia Saudita, lo sceicco del Qatar al-Thani, gli Emirati Arabi Uniti con un inviato. C’è anche la Turchia, con il ministro degli Esteri Hakan Fidar, il grande tessitore con Erdogan del patto fra Mosca e Kiev sul grano ucraino: l’unico accordo sinora raggiunto dal 24 febbraio 2022. Presenti Argentina, Brasile e fra gli africani Somalia, Libia, Kenya e Sudafrica. Partecipa pure il Vaticano, con una delegazione guidata dal segretario di Stato, Pietro Parolin.
Zelensky enumera continenti e regioni: «America Latina», «Medio Oriente e Asia», «Africa», «Europa», «Australia», «Nord America». Elenco non casuale. È una rappresentazione, qui sul Lago di Lucerna, della schiacciante maggioranza che all’Assemblea generale dell’Onu ha condannato l’aggressione all’Ucraina.
Non fa nulla «se alcuni leader non sono presenti», il risultato è già «nel creare l’idea che una pace giusta possa esistere» e per questo la Conferenza vuole creare le condizioni per un dialogo: «Ogni nazione, grande o piccola, qui può proporre le sue idee e quello che sarà deciso sarà parte del processo di pace: stiamo facendo la storia», conclude Volodymyr Zelensky.
L’enfasi retorica del proclama, cela a fatica la tragedia della battaglia per Kharkiv in corso. Un Paese allo stremo l’Ucraina, mentre le sanzioni mordono anche il Gigante russo. Si combatte da due anni in trincea. Economia di guerra e richiesta ossessiva di armi all’Occidente – dai tank ai caccia F-16 – da parte Kiev, senza che nessuno sinora sia riuscito a mettere in campo una iniziativa politica credibile.
Non facile, né scontato “battere il colpo” di avvio: un anno fa un primo incontro a Copenaghen di una quindicina di consiglieri per la sicurezza nazionale. Poi il passaggio di testimone alla Svizzera che grazie ai suoi tradizionali “buoni uffici” è ieri a riuscita a portare delegati e leader mondiali Bürgenstock.
Solo un primo passo, si spera, e poco importa se Vladimir Putin ieri, provocatoriamente, ha proposto una pace alle sue condizioni,  chiedendo di annettersi oltre al Donetsk e al Lugansk anche Zaporizhzhia e Kherson. Il Cremlino, con il portavoce Dmitrij Peskov, fa sapere che non invierà alcun messaggio alla Conferenza di pace di Lucerna: «Vogliamo riunirci la prossima volta per un evento più sostanziale e costruttivo» mentre, prosegue Peskov, le dichiarazioni giunte da Lucerna sono «di natura non costruttiva». Nessuno poteva aspettarsi un messaggio diverso. Ma forse è l’accenno a una “prossima volta più costruttiva” il segnale più importante. Intanto Pechino invita Kiev e Mosca a «incontrarsi a metà strada».
Tornando a Bürgenstock, nelle dichiarazioni di apertura la vice presidente Usa Khamala Harris non fa sconti alla Russia: la proposta fatta da Putin significherebbe la «resa» mentre la battaglia degli Stati Uniti è per «difendere i valori democratici». Significativo che subito dopo a parlare siano il rappresentante del Qatar e il ministro degli Esteri Saudita: una “piattaforma di dialogo” che si vuole allargare. «Finalmente parliamo di pace e non di guerra» afferma il presidente del Kenya William Ruto che aggiunge: «L’aggressione della Russia è illegale ma anche l’appropriazione unilaterale degli asset sovrani russi». Il ministro degli Esteri Tajani, nel suio intervento, assicura che l’Italia «difende l’integrità territoriale dell’Ucraina» e ricorda l’accordo da poco siglato per la ricostruzione di Odessa.
Terminano gli interventi di apertura, ma nessuno può pensare che un accordo possa venire a partire dai 10 punti presentati da Zelensky nel febbraio 1923, né dal piano di pace Mosca. Ora si lavora sui «passi concreti» per avviare un nuovo processo globale: sicurezza alimentare, sicurezza nucleare e scambio dei prigionieri. Oggi le dichiarazioni finali del summit , e qualcuno già osa sperare in una seconda Conferenza internazionale di pace tra un anno: non in Occidente, ma magari in Arabia Saudita o in Turchia. Forse lì, almeno Pechino, non sarebbe più il “convitato di pietra".

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