L'ex sindaco di New York Michael Bloomberg - Ansa
Michael Bloomberg piomba sulle primarie democratiche con la forza di un uragano che minaccia di spazzare via molti candidati per la Casa Bianca. L'ex sindaco di New York continua a scalare i sondaggi e si è qualificato per l'undicesimo dibattito tv di stasera a Las Vegas, alla vigilia dei caucus in Nevada. Bloomberg, in realtà, non partecipa alla sfida del Nevada, così come ha saltato il voto in Iowa e New Hampshire e salterà quello in South Carolina del 29, ma il suo nome sarà sulle schede elettorali dal cruciale “Super martedì” del 3 marzo, quando voteranno 14 Stati - tra cui California e Texas - e verrà assegnato il 40% dei delegati per la convention.
Il miliardario, nono uomo più ricco del pianeta con una fortuna di oltre 50 miliardi di dollari, comparirà stasera per la prima volta in un confronto televisivo, dopo aver per settimane inondato le Tv Usa con i suoi spot, per i quali ha già investito oltre 400 milioni di dollari personali, visto che ha rinunciato ad accettare donazioni per la sua campagna. Una mossa che ha irritato molti altri candidati, a partire da Bernie Sanders ed Elizabeth Warren. Facile immaginare che l’ex sindaco di New York sarà stasera l’obiettivo numero uno di tutti gli altri sfidanti, che già lo accusano di volersi “comprare” la nomination grazie alla sua fortuna.
L'eredità di Obama e gli spot tv
Da parte sua Bloomberg ha annunciato che se a novembre diventasse presidente venderà la sua società di finanza, dati e media per evitare il conflitto di interesse. Ha anche annunciato nuove misure a sostegno dei giovani neri e latino-americani, come parte delle sue proposte di riforma del sistema giudiziario penale, proposta che mira a far breccia tra quelle minoranze in cui al momento la sua candidatura è più debole. Ha poi manifestato l’intenzione di varare un piano per imporre regole più severe a Wall Street e fissare una tassa sulle transazioni finanziarie, spiegando che "per la maggior parte degli americani, il sistema finanziario non funziona come dovrebbe", in un apparente tentativo di prendere la distanza da quella Wall Street cui è stato legato per decenni e di strizzare l'occhio all’elettorato più progressista. Nei suoi spot tv Bloomberg si rifà spesso peraltro all’eredità di Barack Obama, citando i successi della sua amministrazione e l’impegno comune contro le armi, molto più di quanto non facciano gli altri candidati. Contro Bloomberg si è già scatenato con i suoi tweet Donald Trump, che ha preso a farsi gioco dell’ex sindaco di New York anche per la sua statura.
Il rischio di una brokered convention
Nell’ultimo sondaggio Npr/Pbs NewsHour/Marist pubblicato ieri, a livello nazionale tra i candidati democratici è in testa Sanders con il 31 per cento dei consensi, 9 punti in più rispetto a dicembre, seguito proprio da Bloomberg, balzato in due mesi dal 4 al 19%. Solo al terzo posto l'ex vicepresidente Joe Biden, che ha perso 9 punti, passando dal 24% di dicembre al 15. In discesa anche la senatrice Elizabeth Warren, con il 12%, cinque punti in meno rispetto a due mesi fa. Chiudono la classifica Amy Klobuchar, 9%, e Pete Buttigieg, con l'8%, la sorpresa delle prime tornate in Iowa e New Hampshire.
Comincia peraltro a farsi largo l’ipotesi che nessuno dei candidati democratici riuscirà a conquistare la maggioranza dei delegati, necessaria per ottenere la nomination del partito. In quel caso si potrebbe arrivare ad una "brokered convention" (a Milwakee dal 13 al 16 luglio), dove dalla seconda votazione cominciano i negoziati per strapparsi delegati e arrivare al quorum. Gli esiti per ora sono imprevedibili ma Bloomberg potrebbe giocarsi le sue carte.
La stretta di Trump sui media cinesi
Il Dipartimento di Stato Usa ha intanto annunciato che tratterà i media di Stato cinesi come "missioni straniere", adottando regole più severe nei loro confronti e accusando Pechino di promuovere in maniera crescente la propaganda. Coinvolti nella stretta Usa cinque media, tra cui l'agenzia di notizie Xinhua e l'emittente China Global Television Network, che ora avranno bisogno dell'approvazione del Dipartimento di Stato americano per acquistare proprietà negli Stati Uniti. Dovranno anche presentare liste dei loro dipendenti, compresi quelli che sono cittadini Usa.
Pronta la risposta di Pechino, che ha espresso forte insoddisfazione Per il portavoce del ministero degli Esteri, Geng Shuang, "è irragionevole e inaccettabile da parte degli Stati Uniti l'ostruzione del lavoro dei media istituzionali cinesi nel Paese. La Cina si riserva il diritto di rispondere ulteriormente al riguardo". Pechino ha revocato la tessere media a tre giornalisti del Wall Street Journal basati nella capitale cinese. La mossa rappresenterebbe una punizione "per un recente articolo d'opinione” pubblicato sullo stesso Wall Street Journal, ha riferito la testata.