Decine di migliaia di yemeniti sono scei in piazza nella capitale Sanaa - Reuters
Escalation o deterrenza? Passa per queste due opposte interpretazioni dei raid angloamericani dell’altra notte contro siti militari Houthi nello Yemen la distanza tra i sostenitori dell’operazione e i suoi detrattori. Una raffica di attacchi con bombardamenti aerei e lanci di missili dalle navi e dai sottomarini ha investito una sessantina di obiettivi in 16 località, distruggendo o danneggiando sistemi radar, depositi e siti di lancio di droni, depositi missilistici e lanciamissili, centri di comando. Bersagli individuati e raggiunti con precisione chirurgica, rivendica la Difesa statunitense che ha messo in campo i missili Tomahawk a guida Gps. Implicito il riferimento al bagno di sangue nella Striscia di Gaza. Nessuna vittima civile. Gli Houthi denunciano l’uccisione di 5 miliziani e il ferimento di 6. Secondo fonti citate da Sky News Arabia, sarebbero stati avvisati in anticipo. Una mossa che avvalorerebbe la tesi della deterrenza.
All’operazione hanno partecipato con uomini e contributi logistici o di intelligence Australia, Bahrain, Canada e Olanda. «Nonostante il forte avvertimento – scrivono in un comunicato firmato anche da Danimarca, Germania, Nuova Zelanda e Corea del Sud – gli attacchi (da parte degli Houthi, ndr) nel Mar Rosso sono continuati» contro navi commerciali e militari e in funzione antisraeliana, notoriamente sponsorizzati dall’Iran. Il 10 gennaio una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu ne aveva chiesto la cessazione.
La folla ha urlato slogan contro gli Usa e il Regno Unito - Ansa
Decisivo per il coinvolgimento britannico è stato l’attacco a una nave da guerra della Marina, «il più grave che abbiamo visto negli ultimi decenni» ha precisato il premier Rishi Sunak, definendo la reazione «un segnale forte» finalizzato ad «allentare l’escalation» e «ripristinare la stabilità» nella regione.
La coalizione «ha inviato un messaggio chiaro agli Houthi, ovvero che sosterranno ulteriori costi se non porranno fine ai loro attacchi» ha detto il capo del Pentagono, Lloyd Austin. La Nato parla di azione «difensiva» a protezione delle rotte, del commercio e degli equipaggi. Non va dimenticato che dallo stretto di Bab al-Mandib, tra lo Yemen e Gibuti, passano le petroliere dirette in Europa.
Manifestazioni anti Usa e Gran Bretagna a Sanaa capitale yemenita - Ansa
Mentre le milizie sciite al potere in Yemen minacciano pesanti rappresaglie e l’Iran ha parlato di «un atto arbitrario e una flagrante violazione della sovranità e dell'integrità territoriale dello Yemen», nella capitale Sanaa decine di migliaia di persone hanno manifestato con furore contro Israele e gli Usa. La distanza tra lo Yemen e la Striscia è di circa 2.700 chilometri. L’enclave palestinese è larga 12 e lunga 40. Questo dà la misura del potenziale di contagio della guerra. «Non cerchiamo un conflitto con l’Iran (che arma e finanzia gli Houthi, ndr), non cerchiamo un’escalation e non c’è ragione per un’escalation» si è affrettato a spiegare il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana John Kirby. Che pero ha aggiunto: se ci saranno altri attacchi Biden «non esiterebbe ad ordinare altre operazioni». Nell’anno della corsa alla Casa Bianca, con i sondaggi che lo danno perdente rispetto al rivale più accreditato, l’ex presidente Donald Trump, il presidente Joe Biden non sogna certo di portare gli americani in guerra. Persino tra i suoi Democratici qualcuno ha scritto che avrebbe dovuto presentarsi al Congresso prima di lanciare un’offensiva. E Trump non ha perso l’occasione: «Ora abbiamo guerre in Ucraina, Israele e Yemen, ma niente sulla frontiera meridionale, questo fa molto senso» ha ironizzato riferendosi alla pressione dei migranti messicani.