La "camera della morte" nel carcere di San Quintino in California (Ansa/Ap)
Stop alla pena di morte in California, il 21esimo Stato americano a dire no al boia e a decidere di risparmiare la vita dei detenuti nel braccio della morte – in questo caso, 737 persone che attendevano da anni di finire i loro giorni con un’iniezione letale. Venticinque di questi avevano esaurito tutte le possibilità di appello legale.
È stato il neogovernatore democratico della California, il cattolico Gavin Newsom, a dire basta, firmando un decreto che amplia il golfo politico che separa lo Stato liberal dell’Ovest dall’Amministrazione repubblicana a Washington e attirandosi immediatamente gli strali di Donald Trump. «Contravvenendo al volere degli elettori, il governatore della California sospenderà tutte le esecuzioni – ha scritto ieri su Twitter il presidente americano –. Gli amici e le famiglie delle vittime dimenticate non sono contenti, e neanch’io». Il riferimento è alla bocciatura in California di due referendum per l’abolizione della morte di Stato, tenuti nel 2012 e poi ancora 2016. Ma è anche vero che la decisione di Newsom non fa che ufficializzare lo status quo: dal 1976, anno dalla reintroduzione della pena capitale negli Stati Uniti, lo Stato dell’oro ha portato a termine 13 esecuzioni, l’ultima risale al 2006. A bloccare da allora la mano del boia è stata una serie di ricorsi legali contro il protocollo di iniezione letale in uso, in particolare la sua composizione chimica che infliggerebbe atroci sofferenze al condannato. Ma Newsom si è deciso ad andare oltre e a decretare la moratoria, imitando i governatori di Oregon, Colorado e Pennsylvania (negli altri Stati che proibiscono le esecuzioni il divieto è stato sancito per via legislativa) nella convinzione che gli ostacoli legali potrebbero essere rimossi durante il suo mandato, dando via libera alla ripresa delle iniezioni letali.
La firma del 51enne democratico comporterà la chiusura immediata della cella delle esecuzioni nella prigione di San Quintino. «La pena di morte è stata un fallimento ed è contraria ai nostri valori fondamentali – ha sostenuto ieri il governatore –. Ha discriminato gli imputati con malattie mentali, gli afroamericani, i latinos e tutti quelli che non si possono permettere di pagare un avvocato difensore costoso ». Uno studio dell’Ufficio per la responsabilità pubblica del governo degli Stati Uniti ha rilevato che le probabilità di una condanna a morte aumentano enormemente quando l’imputato è una persona di colore e la vittima bianca. Più del 60% dei prigionieri in attesa di esecuzione in California sono neri. I detenuti nel braccio della morte hanno anche molte più probabilità di avere una malattia mentale, un danno cerebrale o di essere intellettualmente disabili.
Ex sindaco di San Francisco, Newsom è da tempo un critico accorato della pena capitale e si è detto pronto a sfidare l’opinione pubblica della California, dove il 56% della popolazione sostiene ancora la morte di Stato. Ma la percentuale si attestava al 69% nel 2011, e il calo riflette una tendenza nazionale verso il rifiuto della pena di morte. Lo scorso anno il numero degli americani che sostengono che la pena di morte è amministrata in modo «giusto» è sceso per la prima volta al 49%.
La mossa della California, in quest’ottica, è simbolicamente molto significativa: da oggi, un terzo di tutti i detenuti nel braccio della morte negli Stati Uniti sono incarcerati in uno Stato che ha sospeso le uccisioni. Anche per questo la Comunità di Sant’Egidio ha accolto la moratoria con grande soddisfazione, sottolineando che «apre alla speranza di una possibile, progressiva, abolizione », come ha dichiarato il coordinatore della campagna mondiale per l’abolizione della pena di morte della Comunità, Mario Marazziti.