L'intervento di Netanyahu al Congresso Usa - Reuters
Dentro applausi e standing ovation. Fuori tensione, arresti e urla di protesta. È andata così la quarta volta del premier israeliano Benjamin (Bibi) Netanyahu al Congresso degli Stati Uniti. Nessun altro leader straniero ha avuto l’occasione di parlare per quattro volte ai deputati e ai senatori statunitensi convocati a Camere riunite. Lo statista britannico Winston Churchill si fermò a tre. Il privilegio, se così lo si può chiamare, riconosciuto all’uomo che governa Israele quasi ininterrottamente dal 2009, che ha superato David Ben Gurion per gli anni al potere, certifica una storica amicizia tra Washington e Gerusalemme. Appesantita, quest’anno, dal conflitto seguito agli attacchi del 7 ottobre. Sulla testa di Bibi, dettaglio non secondario, pende un mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale di cui gli Stati Uniti non riconoscono la giurisdizione. L’incipit del suo discorso è stato una promessa: «Vinceremo». Una dichiarazione a effetto che ha infuocato l’aula conquistata dal suo piglio “alla Roosevelt”. Poi, rivolgendosi agli “amici” che lo hanno ospitato nella “cittadella della democrazia”, ha inanellato affondi. «Quello che sta accadendo non è uno scontro di civiltà ma tra barbarie e civilizzazione – ha sottolineato – tra coloro che glorificano la morte e coloro che glorificano la vita». Ha ricordato i motivi per cui gli Usa dovrebbero continuare a supportalo nella guerra contro Hamas – «Dateci i mezzi e finiremo il lavoro» – sottolineando che «è in Medio Oriente che l’asse del terrore iraniano si confronta con l’America». È a Teheran, a suo dire, che fanno capo i manifestanti fuori dal Campidoglio: «Sono inutili idioti».
Il primo ministro ha parlato in un’aula non piena. Vacanti gli scranni di diversi parlamentari democratici. Assente la numero due dello studio Ovale, Kamala Harris, probabile candidata dei democratici alle presidenziali, impegnata in un comizio in Indiana. All’appello mancavano in tutto un centinaio di parlamentari dem. Vistoso il vuoto al banco dell’ex speaker Nancy Pelosi. I repubblicani, che hanno bollato il forfait dei colleghi di sinistra come «inconcepibile», non hanno potuto però contare sulla presenza di J.D. Vance, il candidato scelto per correre al fianco di Trump alla Casa Bianca, impegnato altrove con la campagna elettorale. Tra gli ospiti d’onore si è invece fatto notare il miliardario Elon Musk. Il discorso di Netanyahu è avvenuto mentre fuori da Capitol Hill, al di là delle barricate metalliche erette dai servizi di sicurezza per blindare l’area circostante, andavano in scena le proteste filopalestinesi. Migliaia di persone, molte delle quali sono arrivate in bus anche da lontano, gli hanno urlato contro slogan infuocati rilanciati da cartelli e striscioni: «Bibi, criminale di guerra». Le contestazioni erano cominciate già martedì. Mentre una decina di manifestanti si spingevano oltre il cordone di sicurezza che circondava l’hotel in cui alloggia Netanyahu, il Watergate, per urlare alla sua finestra «basta al genocidio» e «Palestina libera», un gruppo di ebrei progressisti ha occupato la rotonda del palazzo della Cannon House, l’edificio che ospita gli uffici della Camera, chiedendo la fine dei trasferimenti di armi a Israele. Magliette rosse indossate sotto i vestiti per non dare nell’occhio sono spuntate solo a un certo punto. La tensione ha riportato alla memoria il tragico assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021. Si è infine risolta con duecento arresti e una nota della polizia a ricordare che «manifestare all’interno degli edifici del Congresso è illegale». Netanyahu, oggi, andrà alla Casa Bianca per incontrare il presidente Joe Biden che, ieri, durante il suo discorso alle Camere ha già ringraziato per l’impegno offerto. I due leader incontreranno insieme «le famiglie degli americani tenuti in ostaggio da Hamas» e discuteranno gli sviluppi del conflitto. Harris dovrebbe incontrarlo sempre in giornata ma separatamente. Il leader dei repubblicani Donald Trump ha fatto invece su Truth che lo vedrà venerdì nel suo club privato Mar-a-Lago, a Palm Beach in Florida.La visita è avvenuta in un momento molto delicato per Netanyahu impegnato a tenere testa ai membri del suo governo. a cominciare da Itamar Ben-Gvir che ieri si è prodotto nella nuova provocazione di una visita alla Spianata delle Moschee o Monte del Tempio. Anche per gli Stati Uniti non è un momento facile. Possono, ci si chiede, due crisi in parte intrecciate portare a svolte di pace?
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