Il corpo è rannicchiato su un tavolo d’acciaio dell’istituto di medicina legale di Kharkiv. Carbonizzato dal fuoco che lo ha avvolto. I pompieri e i poliziotti lo hanno trovato a cavallo di una finestra: con la testa fuori, il petto appoggiato sul davanzale e le gambe appena sollevate dal pavimento. «Tentava di fuggire dalle fiamme provocate dal missile. Non ce l’ha fatta», racconta il capo del dipartimento investigativo regionale della polizia nazionale, Serhii Bolvinov.
Il capo del dipartimento investigativo regionale della polizia nazionale, Serhii Bolvinov - Avvenire
Come durante l’attacco alle Torri Gemelle la disperazione aveva spinto a lanciarsi nel vuoto dai grattacieli colpiti, anche l’uomo voleva gettarsi dal quinto piano dove si trovava la stamperia in cui lavorava. Una schiera di macchine industriali. Libri già rilegati. Rotoli di carta. E sessantatré dipendenti in servizio quando in un folle pomeriggio di guerra un razzo russo ha sventrato la loro azienda, al penultimo piano del palazzone del lavoro che nella seconda città dell’Ucraina ospita uffici e imprese. Cinque i morti. Tutti colleghi. «Ancora dobbiamo verificare se per le schegge, per l’esplosione o per l’incendio che si è sprigionato», aggiunge Bolvinov. Tutto per documentare nel dettaglio una tragedia che la polizia ucraina vorrebbe finisse prima o poi in un’aula di tribunale o almeno entrasse nel macabro libro degli orrori del Cremlino quando si ricostruirà la storia dell’invasione russa.
La stamperia di Kharkiv in cui è piombato un missile russo e in cui sono morti cinque dipendenti - Avvenire
Ci sono voluti alcuni giorni per dare un nome alle vittime. Tanto le fiamme avevano devastato i corpi. Nell’obitorio sono uno accanto all’altro. Il super detective li mostra insieme ai medici che hanno appena finito di confrontare il Dna con quello dei parenti. L’ultimo campione è giunto in una busta da un’altra regione. Si sono messi in fila mariti, mogli, genitori, figli. Prima davanti al casermone sventrato. Poi nel cortile dell’obitorio. Ma anche convocati lontano dalla metropoli. Le code della speranza e del dolore, di chi non aveva notizie del proprio familiare che era nella tipografia. Alcuni sono stati trovati sotto le macerie ancora vivi. «Sto soffocando», è stato il messaggio inviato da chi è riuscito a salvarsi. Invece, una delle vittime, una donna, era già cosciente di quale sarebbe stato il suo destino quando ha scritto: «Figlia, sto bruciando. Perdonami per tutto…».
Il punto in cui il missile russo è arrivato nella stamperia al quinto piano di un palazzo di Kharkiv - Avvenire
All’ingresso delle camere mortuarie qualcuno ha lasciato i fiori ancora prima di conoscere l’identità degli uccisi. La sciagura del palazzo è stata quella di avere la facciata posteriore che guarda a nord, verso la Russia che da Kharkiv dista cinquanta chilometri. «È stato impiegato un missile che viaggia a mille chilometri all’ora», spiega il capo degli investigatori. Come già stabilito dalle prove che i suoi agenti hanno assemblato. Poche decine di secondi per colpire la città. Nella tipografia l’acqua dei pompieri si impasta con la cenere e le macerie. Alcuni scatoloni mostrano i puzzle per bambini pronti per essere impacchettati. A terra, fra la fuliggine, centinaia di riproduzioni di un’icona di Cristo che sarebbe andata in qualche chiesa. «Questo è un target civile. E ogni obiettivo civile è un crimine di guerra», chiarisce Bolvinov.
Le icone bizantine di Cristo distrutte dall'incendio provocato da un missile russo - Avvenire
In due anni, dall’inizio dell’aggressione, lui e lo staff di mille poliziotti che guida hanno trattato oltre 17mila casi nella regione di Kharkiv. Reati che i russi hanno commesso contro la popolazione: dagli attacchi dal cielo alle torture.
«La Russia sta impiegando ogni tipologia di missile - dice Bolvinov -. Solo una fattispecie è esclusa per ora: quella nucleare». Il suo dipartimento che si è specializzato in crimini di guerra raccoglie in ogni luogo i resti degli ordigni.
«Abbiamo trovato missili a grappolo nei primi mesi: per distruggere il più possibile. E di recente quelli prodotti nella Corea del Nord: il primo è stato lanciato lo scorso 2 gennaio».
Poi aggiunge: «Sono del periodo sovietico o di recente fabbricazione». La polizia sa di essere nel mirino di Mosca. «Può accadere che dopo un attacco ne segua un altro nello stesso punto a distanza di poche decine di minuti per accanirsi contro le forze dell’ordine che soccorrono, intervengono e svelano le atrocità rosse». È accaduto di recente a Kharkiv dopo un blitz con i droni; è avvenuto a Odessa dove sono stati feriti poliziotti e medici.
La stamperia di Kharkiv in cui è piombato un missile russo e in cui sono morti cinque dipendenti - Avvenire
Ogni bombardamento viene classificato. «Indaghiamo per capire. Non tanto per prevenire - precisa il capo dipartimento -. Certo, sapere quali missili vengono impiegati può aiutare. Ma è impossibile pronosticare i prossimi obiettivi: perché sono scelti senza criterio. Però vorremmo individuare chi è stato a prendere la decisione di uccidere. Non il militare che ha fatto partire il missile, quanto chi ha dato l’ordine». Una sfida velleitaria? «Catalogare i crimini di guerra serve a futura memoria. E l’Ucraina spera che i responsabili possano anche essere chiamati per nome».
I puzzle già pronti nella tipografia devastata da un missile russo - Avvenire