mercoledì 15 novembre 2017
l dossier è stato realizzato da «Freedom House», Ong internazionale con sede a Washington, finanziata da soggetti privati e per il 30% dal Governo americano
Trenta governi manipolano l'informazione su Internet
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«Molti governi nel mondo hanno aumentato drammaticamente gli sforzi per manipolare le informazioni attraverso i social network». A leggere il rapporto Freedom on the Net, sulla libertà nella Rete, c’è di che preoccuparsi. Si scopre, per esempio, che le manipolazioni emerse durante le ultime elezioni americane sono molto più diffuse di quanto si credeva. «La manipolazione e la disinformazione online, nell’ultimo anno, hanno avuto un ruolo importante nelle elezioni di almeno 18 Nazioni, inclusi gli Stati Uniti». Nella lista ci sono Gambia, Bahrein e Zambia ma anche Francia, Russia, Iran, Filippine, Turchia e Messico. Non solo. «Un numero record di governi nell’ultimo anno ha manipolato i servizi di telefonia mobile per motivi politici o di “sicurezza”, spesso nelle aree popolate da minoranze etniche o religiose». Il Paese che ha maggiormente limitato la libertà di Internet è stato, per il terzo anno consecutivo, la Cina, seguito dalla Siria e dall’Etiopia. Il rapporto ha preso in esame 65 Paesi in tutto il mondo, che rappresentano l’87 per cento degli utenti mondiali connessi alla Rete.

È il settimo anno che viene redatto. A realizzarlo è Freedom House, una organizzazione non governativa internazionale, con sede a Washington e finanziata in larga parte da soggetti privati e per il 30% dal Governo americano. Il rapporto ha preso in esame il periodo giugno 2016-maggio 2017 ed è stato redatto da 70 ricercatori sparsi nei 65 Paesi analizzati. «Ben 32 Nazioni hanno registrato un calo della libertà durante il periodo analizzato. I Paesi dove si è registrata la più alta manipolazione- censura sono Ucraina, Egitto e Turchia. Ma nella lista spiccano anche Russia, Francia, Inghilterra, Giappone, Stati Uniti, Germania, Messico, Brasile, Filippine, Pakistan, Arabia Saudita, Tailandia, Venezuela, Marocco, Ucraina, Ecuador, Ungheria e Filippine».

Se Cina e Russia sono stati i primi (già anni fa) a usare Internet per manipolare gli utenti, distorcere le discussioni online e sopprimere il dissenso, ora l’insopportabile fenomeno appare generalizzato. Venezuela, Filippine e Turchia sono tra i 30 paesi in cui i governi hanno impiegato nel periodo preso in esame eserciti di “formatori di opinione” per manipolare l’opinione pubblica sui social e attaccare le voci critiche. Come sottolinea il rapporto Freedom on the Net «il numero di governi che tenta di controllare e manipolare le discussioni online è in costante aumento». Negli ultimi anni la pratica è diventata molto più diffusa e tecnicamente sofisticata, sia impiegando siti di fake news e agitatori (i cosiddetti «troll») sia utilizzando mezzi informatici (come Bot e Botnet) capaci tra l’altro di simulare consensi per questa o quella idea, per questo o quel candidato attraverso profili di utenti falsi. Il rapporto fa degli esempi precisi.

Nelle Filippine sono state «arruolate» migliaia di persone per difendere e lodare sui social il presidente Rodrigo Duterte in cambio di 10 dollari al giorno. In Turchia 6.000 «troll» sono stati impiegati dal partito AK per manipolare le discussioni online prima delle elezioni. In Francia, invece, durante il periodo elettorale sono stati scoperti e rimossi 30.000 account falsi aperti su Facebook. In Messico invece sono stati usati per manipolare le elezioni 75.000 profili falsi su Twitter. In Tailandia ben 120mila studenti sono stati utilizzati per monitorare e segnalare comportamenti online antigovernativi. Per non parlare della Russia che, secondo Freedom on the Net, impiega 400mila dollari al mese per manipolare la Rete. E l’Italia? Già, come è messa in quanto a libertà su Internet? Secondo il rapporto, né bene né male. Anche da noi ci sono «bot», profili falsi e fake news ma rispetto agli anni precedenti siamo« stabili».

Nel mondo, invece, le cose stanno peggiorando. Anche perché «di pari passo, sono aumentate le aggressioni fisiche e le censure tecnologiche nei confronti dei media indipendenti e dei difensori dei diritti umani». Ciò che rende il tutto ancor più complicato e pericoloso per le democrazie è il fatto che la manipolazione dei contenuti online è difficile da individuare e molto difficile da combattere.

«Gli effetti di queste tecniche in rapido aumento e diffusione – si legge nel rapporto – sono potenzialmente devastanti per la democrazia». Possibile che non si possa fare niente per arginare questa deriva? «Per contrastare questi fenomeni – spiega Freedom House – occorre insegnare ai cittadini come individuare fake news , commenti falsi o fuorvianti. Mentre i governi democratici devono legiferare in modo che le campagne elettorali siano trasparenti anche online. Le aziende tecnologiche dovrebbero fare la loro parte per rivedere gli algoritmi usati per diffondere certe notizie e non altre, disattivare i bot e bloccare sui social i falsi profili».

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