Suor Maria De Coppi - .
Suor Maria De Coppi, comboniana, classe 1939, uccisa in Mozambico, era nata a Santa Lucia di Piave e trasferitasi poi con la famiglia a Ramera. Suor Maria prestava servizio nel barrio Muatala, nella provincia di Nampula. Nell'ottobre scorso, era ritornata per controlli medici. In quell’occasione era stata intervistata da Mariagrazia Salmaso, direttrice del Centro missionario, per la rubrica “Il tè con i missionari”, suor Maria era da 59 anni in Mozambico, che aveva raggiunto per la prima volta nel 1963.
"Ho raggiunto la mia destinazione - raccontava nell'ultima intervista, raccolta dall'Ufficio Missionario della diocesi di Vittorio Veneto - dopo 31 giorni di nave. E dopo aver imparato il portoghese, com'era d'obbligo".
Suor Maria Coppi è la religiosa a destra - .
Aveva la cittadinanza mozambicana. "Ho vissuto in questo Paese momenti belli e difficili: prima quelli della colonizzazione, poi della guerra, quindi della pace e, purtroppo del terrorismo".
Nella memoria di suor Maria è rimasta soprattutto la tragica imboscata in cui sono morte 17 persone. "Stavamo viaggiando in un convoglio. I guerriglieri ci hanno sparato. Io sono uscita dall'auto e mi sono gettata a terra, sotto le pallottole. Ho pregato: "Signore salvami". E' arrivato un soldato, non sapevo se dell'esercito regolare o della guerriglia. Mi ha chiesto se ero ferita. Non lo so, gli risposi. Mi ha trascinato dietro una pianta e mi ha rassicurata, che era un regolare. Mi ha caricata sulle spalle e mi ha poi protetto, sistemandomi in un ruscello che non aveva acqua. Poi, quando è finita la sparatoria, mi ha ricaricata sulle spalle e mi ha portato fino all'auto".
Al tempo, il Mozambico era una colonia portoghese: dopo aver conquistato l’indipendenza, fu attraversato da una lacerante guerra civile.
Suor Maria aveva acquistato la cittadinanza mozambicana e ormai si sentiva «parte di quella terra e di quel popolo in mezzo al quale ho vissuto la mia vita». Suor Maria aveva prestato servizio in varie missioni della provincia di Nampula.
“Gli ultimi due anni sono stati molto duri – raccontava –. Al nord del Paese è in corso una guerra per i giacimenti di gas e la gente soffre e scappa: nella mia parrocchia ci sono 400 famiglie che arrivano dalla zona di guerra. Poi è venuto il ciclone. Infine l’anno scorso la siccità si è prolungata per tanto tempo. Oggi a Nampula c’è una estrema povertà».
Ma la gente non ha perso la speranza. «Cerco di star vicina alla gente soprattutto ascoltando quanto mi raccontano. Nonostante la povertà materiale, l’ascolto dell’altro resta un dono grandissimo, è riconoscergli dignità».
Dei 58 anni trascorsi in Mozambico, la religiosa ricordava in particolare un giorno, il 4 ottobre 1992. Nel giorno della festa di San Francesco venne firmato l’accordo di pace che pose fine a 17 anni di guerra civile con centinaia di migliaia di morti e 3-4 milioni di sfollati interni e profughi nei paesi confinanti.
«Ero in missione – raccontava suor Maria – e venne un catechista avvisandoci che stava arrivando un gruppo di guerriglieri ReNaMo, ma ci disse di non scappare perché era stato sottoscritto l’accordo di pace. Con noi c’erano anche militari. Abbiamo preso paura perché temevamo le solite violenze. Invece i guerriglieri sono venuti da noi e dai militari e ripetevano “Pace, pace”. Un militare ha comprato dei prodotti tipici e li ha offerti ai guerriglieri. Tutti danzavano e io mi domandavo se era realtà o sogno, perché fino al giorno prima i guerriglieri rapivano e uccidevano. È stato un momento che mi ha toccato profondamente. Ho sentito la presenza di Dio, come la sento durante le feste, le danze, i matrimoni, insomma quando c’è gioia grande».
La popolazione della zona di Nampula – raccontava ancora suor Maria – «è piuttosto fatalista, aspetta che passino la guerra e le calamità. Dicono: “La nostra guerra è di non fare guerra”». Con loro suor. Maria era entrata in piena sintonia, condividendone gioie ma anche ferite: «Quando sono arrivata, i mozambicani si sentivano disprezzati per il colore della pelle e questo mi feriva, perché sono persone come noi». Con l’atteggiamento dell’ascolto e del non giudizio, suor Maria era entrata a far parte del popolo mozambicano e, come fece un grande vescovo profeta espulso dai portoghesi, sentiva di rivolgere a Dio queste parole: “Ti ringrazio Padre che mi hai inviato ai poveri, agli emarginati a quelli che non contano”.
Il vescovo di Vittorio Veneto, raggiunto dalla tragica notizia dell’uccisione di suor Maria De Coppi esprime tutto il suo personale cordoglio: "Nell’affidare l'anima di sr. Maria al Signore, penso al dolore di tante persone che la conoscevano e la stimavano; penso al dolore dei suoi familiari, delle consorelle del suo Istituto religioso. Invoco dal Signore il dono della sua consolazione e del suo conforto su tutte queste persone e sull’intera nostra comunità diocesana. Contemporaneamente esprimo la convinzione che una vita offerta totalmente in dono, fino alla morte, com’è stata quella di suor Maria, potrà certamente essere seme fecondo di vita, di speranza e di amore per tutte le persone alle quali ha offerto il suo servizio di missionaria".
Luca Zaia, presidente del Veneto “Dal 1963 Suor Maria portava aiuto, sostegno, amore, dedizione alle popolazioni del Mozambico. E’ terribile, inaccettabile, dolorosissimo sapere che proprio lì, proprio mentre compiva la sua missione di pace e carità, è stata brutalmente assassinata”. Con queste parole, il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. esprime il suo “immenso cordoglio” per la morte di suor Maria De Coppi, originaria di Vittorio Veneto, avvenuta a causa di un attentato alla missione di Chipene. “Il primo pensiero – prosegue il governatore - va alla sua famiglia, a tutti coloro (e sono tanti) che le hanno voluto bene, alle Suore Comboniane di cui faceva parte, alla comunità di Vittorio Veneto, da cui era partita tanti anni fa per seguire la sua vocazione missionaria. La meravigliosa vita di bontà e altruismo di suor Maria – conclude il Presidente – è finita con un terribile orrore, il che rende la sua figura ancora più grande, indimenticabile”.