Il controllo del computer in aeroporto
La proposta avanzata nel marzo dell'anno scorso è diventata legge: se si vorrà ottenere un visto d'ingresso negli Stati Uniti, ora bisognerà fornire informazioni sulla propria attività online, comunicando i Facebook e Twitter utilizzati, gli indirizzi email e i numeri di telefono usati nei precedenti 5 anni.
Il nuovo giro di vite, proposto del Dipartimento di Stato, risponde a una strategia di "screening estremo" e riguarderà circa 14,7 milioni di persone ogni anno: 710mila che richiedono il visto per immigrazione e gli altri 14 milioni per turismo e studio. Esentati solo alcuni diplomatici e funzionari. Tra le piattaforme sottoposte al controllo, anche alcuni dei network più popolari in Cina, come Douban, QQ e Sina Weibo. I moduli per la raccolta di informazioni sono stati aggiornati e resi idonei a raccogliere questa nuova grande mole di informazioni.
Finora, in base a un regolamento varato nel maggio 2018, la raccolta delle credenziali social era richiesta solo in casi particolari, cioè quando il viaggiatore proveniva da aree con un alto tasso di attività terroristica.
L'American Civil Liberties Union (Aclu), che si batte per i diritti civili, ha espresso preoccupazione. La misura – sostiene – limiterebbe la libertà di parola. Inoltre "non c'è alcuna prova che questo tipo di monitoraggio dei social media sia efficace o giusto, specialmente in mancanza di linee guida per l'utilizzo dei social media nel processo di assegnazione del visto".
Nemmeno Facebook ha gradito la misura, che però per il Dipartimento di Stato vuole «rendere più efficace il processo di controllo di queste persone e la conferma della loro identità».
La raccolta di informazioni social non riguarda i Paesi per i quali è prevista la libertà di viaggiare senza visto, tra i quali c'è l'Italia, che ha invece in uso la richiesta di autorizzazione all'ingresso Esta.