
Arianna Marrini, presodente di SSCh con la piccola Nopuir - undefined
La nuova Siria, per la piccola Nour, è una speranza di vita normale che, però, viene da lontano. Nel campo profughi di al-Resala, migliaia profughi raccolti a pochi chilometri dal confine con la Turchia, dopo l’8 dicembre e la fuga di Assad, in fondo non sembra essere cambiato nulla. E le notizia di disordini a Latakia e Tartus sembrano tanto lontane: “C’è ancora tanto entusiasmo per la fine del regime e speranza per il futuro. Ma quello che colpisce di più è incontrare persone armate per autodifesa che girano normalmente per strada. E questo avviene anche in aree che prima non potevamo raggiungere perché sotto il controllo del governo: non c’è polizia, non c’è esercito” racconta Arianna Martini, presidente di Support & Sustain Children (SSCh). “Tutti i villaggi sono rasi al suolo e viene raccomandata la massima prudenza, di non uscire dalle strade perché si rischia di saltare in aria su una mina”, prosegue la responsabile dell’Ong italiana presente dal oltre un decennio in quell’ultimo lembo di Siria. La priorità, anche nella “provincia ribelle” di Idlib, dove Support & Sustain Children riesce ad operare nel 2012 per dare aiuto umanitario, resta ancora quella del controllo del territorio.
“Quando ho incontrato la piccola Nour, lo scorso novembre, la diagnosi era già stata fatta dai nostri due medici che operano nella struttura: idrocefala”. Piccola di pochi mesi, fortunatamente la bimba non aveva ancora nessun ritardo mentale né motorio, ma rischiava nel giro di poco tempo una grave disabilità irreversibile. Era giunta con la madre alla piccola clinica che SSCh gestisce per l’abituale distribuzione di viveri e medicine.
L’unica possibilità di cura un intervento in un ospedale privato da finanziare: così, grazie a un appello ai sostenitori di SSCh, in pochi giorni è stata raccolta la cifra di 1.700 euro per pagare l’intervento e l’apparecchio di drenaggio del liquido. Due giorni di degenza e Nour è tornata nel suo campo profughi, monitorata dai due medici di Support and Sustain Children che operano con un infermiere, una ostetrica e un’auto medica nell’unica struttura in muratura fra un mare di tende. “La sanità non è ancora una priorità delle nuove autorità. Operiamo nel territorio sotto il controllo di Hts da almeno 4 anni: ci hanno accolto benissimo e prima della caduta di Assad una volta siamo stati accolti nei loro uffici. Le Ong, assieme alle grandi organizzazioni internazionali, sono fondamentali per la ricostruzione del Paese. Ma per ora non è cambiato nulla, la priorità resta l’ordine pubblico”. Una transizione che si può immaginare ancora lunga. Per questo, ora che le comunicazioni con l’area sembrano un po’ più agevoli, è Support & Sustain Children ha pure lanciato un progetto di telemedicina e di ostetricia: 25mila euro l’anno serviranno a sostenere il lavoro di una ostetrica e fare diagnosi attraverso “Bridge hope”, associazione specializzata nel supporto medico a distanza.
Un salto di qualità nel sostegno alla popolazione locale mentre prosegue pure il sostegno alimentare e la distribuzione gratuita delle medicine a 600 bambini affetti da vare patologie all’al-Resala camp. “Ogni giorno riceviamo richieste di aiuto per ricostruire la casa da cui i profughi sono scappati. Segno che c’è voglia di ricominciare”. Ci vorrà ancora tempo, ma un giorno “sogno di consegnare la clinica, magari trasferita in un villaggio ricostruito, totalmente alla gestione dei siriani” conclude Arianna Martini. Un sogno da realizzare, per quando Nour sarà grande.