mercoledì 10 gennaio 2024
Quasi due anni di conflitto hanno provocato il loro allontanamento dal mondo accademico internazionale
Scienziati russi posano per una foto nella base Severny Polyus-32, nel Polo Nord, in una immagine del 07 marzo 2004

Scienziati russi posano per una foto nella base Severny Polyus-32, nel Polo Nord, in una immagine del 07 marzo 2004 - Ansa

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È uno degli aspetti meno considerati delle sanzioni, ma anche uno dei più pericolosi per l’economia nazionale. In Russia, più che la solitudine dei numeri primi, c’è proprio quella di chi i numeri li maneggia, ossia gli scienziati. Quasi due anni di guerra in Ucraina hanno provocato il loro allontanamento dal mondo accademico, con conseguenze deleterie per Mosca, anche se non immediatamente percepibili.

Una delle esclusioni più dannose è quella dagli aggiornamenti dei vari software. Se alcuni si possono acquistare sul mercato nero del web in modo contraffatti, altri sono talmente sofisticati e programmati su misura da essere pressoché insostituibili. Per intenderci, si tratta di software impiegati per rilievi scientifici ad alta precisione, come l’inquinamento dei fiumi, gli effetti del cambiamento climatico, la temperatura del suolo. Per un Paese, come la Russia, che ospita decine di ecosistemi diversi e che possiede, da sola, oltre il 50% della costa nella regione artica, non poter misurare come cambia il suo territorio non è esattamente una buona notizia, tanto più in un mondo che sta mutando climaticamente a una velocità vorticosa. Altra brutta notizia è che, sempre a causa delle sanzioni, non possono consultare i database di chi i software li può ancora utilizzare aggiornati. Secondo il ministero dell’Educazione e delle scienze i ricercatori russi, da marzo 2022 a oggi, hanno perso l’accesso al 97,5% del materiale disponibile nei vari database prima dell’inizio della guerra in Ucraina.

Fin qui si è parlato di strumenti, ma anche per quanto riguarda il capitale umano la situazione non è affatto rosea. Le missioni di scienziati e di ricercatori che prima visitavano la Federazione Russa con sostanziale regolarità sono state interrotte dopo che la maggior parte dei Paesi dell’Unione Europea e della Nato hanno interrotto i loro rapporti con Mosca. Alla decisione si sono adeguate anche università e centri di ricerca delle più svariate discipline. Questo significa momenti di confronto e scambi ridotti a zero, oltre alla difficoltà di potersi recare all’estero a causa delle difficoltà per ottenere un visto per motivi di studio. E carriere rovinate. Per molti ricercatori è infatti diventato praticamente impossibile vedere i loro lavori pubblicati su riviste scientifiche, con tutte le conseguenze del caso. Le pubblicazioni di accademici russi erano aumentate esponenzialmente dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica e hanno perso oltre il 20% in appena un anno e mezzo. A questi, vanno aggiunti quelli che avevano vinto un concorso per poter andare a perfezionare le proprie conoscenze all’estero e che invece sono stati costretti a rimanere a casa propria.

La situazione sembra non dispiacere al Cremlino, sempre più interessato a "nazionalizzare" tutto, anche il capitale umano. Ai ricercatori russi non è rimasto altro che stringere contatti e collaborazioni con i colleghi che fanno parte dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) o, più in generale, con quella parte di mondo che con Mosca ha atteggiamenti di equidistanza, non di rado di indulgenza. Il tutto a scapito della qualità della ricerca scientifica.

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