Maria Ressa e Dmitry Muratov sono i vincitori del Premio Nobel per la Pace 2021, assegnato dal Comitato per i Nobel norvegese a Oslo, in Norvegia.
Nello specifico è stata la presidente della Commissione norvegese del Nobel a Oslo, Berit Reiss-Andersen ad annunciare, tra le 329 candidature considerate meritevoli di concorrere al prestigioso riconoscimento, il trionfo di due giornalisti, due difensori della libertà di informazione. Per «la loro coraggiosa battaglia per la libertà di espressione nelle Filippine e in Russia» ha annunciato la presidente della Commissione norvegese per il Nobel, sottolineando che la libertà di espressione è «pre-requisito per la democrazia».
I due premiati rappresentano «tutti i giornalisti che si battono per questo ideale in un mondo in cui la democrazia e la libertà di stampa affrontano condizioni sempre più avverse», ha aggiunto.
Il Nobel per la Pace fu assegnato per la prima volta nel 1901 e, a differenza degli altri Nobel, viene assegnato in Norvegia e non in Svezia.
Chi è Dmitry Muratov
Di Marta Ottaviani
Un Nobel per la Pace a un raffinato intellettuale, che ha dedicato la sua vita al giornalismo e alla difesa della libertà di espressione. Dmitry Muratov è stato per oltre 20 anni il direttore della Novaya Gazeta, una pubblicazione che esce tre volte alla settimana e che rappresenta un punto di riferimento irrinunciabile per comprendere le dinamiche politiche e culturali della Russia, oltre che da sempre nel mirino del Cremlino.
Classe 1961, ha iniziato la sua carriera alla Komsomolskaya Pravda nel 1988. Nel 1993, con altri 50 colleghi, lasciò il quotidiano e fondò Novaya Gazeta, una pubblicazione particolarmente apprezzata anche da Michail Gorbavchëv. Da quel momento, la rivista, che nella sua versione online è pubblicata anche inglese ha ospitato le inchieste fra le più importanti nella storia moderna della Russia.
Fra queste, ci sono i reportage che Anna Politkovskaya ha scritto dalla Cecenia, dove ha raccontato le torture da parte del regime di Kadirov, oltre ad aver puntato direttamente il dito contro il presidente russo, Vladimir Putin, e la corruzione che caratterizza la sua gestione del potere. Proprio due giorni fa, è stato ricordato il quindicesimo anniversario dell’assassinio dell’inviata, con la redazione di Novaya Gazeta che ha chiesto di riaprire il processo. Muratov in passato ha vinto numerosi premi per la sua lotta a favore della libertà di espressione e ricevuto alcune importanti onorificenze.
Chi è Maria Ressa
Di Stefano Vecchia
Il Nobel condiviso con il russo Dmitry Muratov è per la filippina Maria Ressa il riconoscimento di una vita impiegata a combattere le ingiustizie nel suo Paese sul “fronte” dai media e negli ultimi anni a contenere le pressioni autoritarie del presidente Rodrigo Duterte, finendo con diventare uno dei suoi “bersagli” nell’impegno di screditare la società civile e porre sotto il suo controllo le istituzioni democratiche.
"Questo premio ci dà forza per continuare la lotta per la verità" e per "uscire dall'oscurità", ha detto la Ressa appresa la notizia. "il governo non sarà contento – ha commentato - ma la nostra è una battaglia per la verità. E la verità non esiste senza i giornalisti".
“Persona dell’anno” 2018 per il periodico statunitense Time, la 58enne Maria Ressa, da sempre dedicata al giornalismo d’inchiesta, già corrispondente della Cnn con doppia cittadinanza Usa e filippina, era finita lo stesso anno nel mirino del presidente che aveva definito “promotore di fake news” il sito d’informazione Rappler da lei co-fondato nel 2011 e di cui è direttore e amministratore delegato.
Le accuse si sono più volte trasferite nelle aule di tribunale, per casi che evidenziano non solo l’acredine dell’autorità nei suoi confronti ma anche i limiti del diritto all’informazione nel paese asiatico. Il 15 giugno 2020 era stata condannata per avere pubblicato un’intervista ritenuta diffamatoria in base alla legge che regola la criminalità informatica applicata abitualmente ai reati di stalking e di pornografia. Il processo di appello che avrebbe potuto costare a lei a un suo redattore da sei mesi a sei anni di reclusione ha cancellato il 10 agosto scorso il precedente giudizio in una vicenda che Amnesty International aveva indicato come “parte di una più ampia campagna di repressione della libertà dei mass media nelle Filippine”.
Non l’unico caso giudiziario che la vede coinvolta. Il 10 agosto, è stata prosciolta da un’altra accusa di diffamazione, mentre un caso simile è ora all’esame dei giudici.