La tennista Peng Shuai - Ansa
La verità su Peng Shuai. È il numero dell’organizzazione mondiale del tennis femminile (Wta) Steve Simon a battere i pugni sul tavolo e a minacciare: se non emergerà la verità sulla tennista cinese svanita nel nulla dal 2 novembre dopo aver denunciato di aver subito violenza sessuale dall’ex vice premier, Zhang Gaoli «siamo pronti a cancellare tutti i tornei in Cina». «Siamo pronti a ritirare la nostra attività e gli accordi con tutte le complicazioni che ne verranno», ha insistito il presidente della Wta, citato dalla Cnn, «perché questa cosa è decisamente più grande del business. Le donne devono essere rispettate, non censurate». La Wta ha una decina di eventi in calendario in Cina nel 2022 per un valore di decine di milioni di dollari. A dare man forte allo sport – chiamato a supplire in qualche modo al “silenzio” della diplomazia – è intervenuto l’Alto commissariato Onu per i diritti umani che ha sfidato il muro di gomma di Pechino: «È importante sapere dove si trovi e che stia bene. Sollecitiamo una inchiesta trasparente sulle accuse di abusi sessuali», ha detto la portavoce, Liz Throssell.
Con il passare dei giorni, il caso di Peng Shuai si fa sempre più ingarbugliato. Il 2 novembre la 35enne star del tennis cinese denuncia di aver subito molestie sessuali. Lo fa con un post su Weibo, la piattaforma cinese simile a Twitter. Si tratta di una vera “bomba”: l’accusa tocca, infatti, uno degli uomini più potenti della Cina, fino al 2018. La censura cinese si mette subito al lavoro. Trenta minuti dopo la pubblicazione, il post sparisce. Non solo: evapora qualsiasi riferimento alla vicenda da Internet. Sparisce anche il profilo della campionessa. Di Peng non si hanno più notizie.
Giovedì spunta una “presunta” e-mail dell’atleta, secondo quanto ha riferito la Cgtn, il canale internazionale in lingua inglese della tv statale Cctv: «Non sono sparita, né sono in pericolo. Mi sto riposando a casa e tutto va bene. Grazie ancora per esservi presi cura di me», si legge nel messaggio sul quale lo stesso Simon ha espresso forti perplessità. «Ho difficoltà a credere che Peng Shuai abbia effettivamente scritto l’e-mail che abbiamo ricevuto o a credere a ciò che le viene attribuito», ha detto il presidente della Wta.
E mentre la Casa Bianca esprime «preoccupazione» per la sorte di Peng, anche Amnesty International ha espresso la stessa convinzione. «La presunta e-mail inviata da Peng, secondo la quale “va tutto bene” e le accuse di violenza sessuale erano false, non ci lascia affatto tranquilli dato che le autorità cinesi fabbricano affermazioni del genere o costringono regolarmente le persone in loro custodia a farle», ha dichiarato Doriane Lau, ricercatrice di Amnesty International. «Se da un lato non possiamo dire con certezza quali siano le ragioni dell’apparente sparizione di Peng, è chiaro che le sue denunce di violenza sessuale devono essere indagate dalle autorità giudiziarie cinesi», ha aggiunto la ricercatrice.
Unica “voce” cinese a farsi sentire, ieri, è stata quella di Hu Xijin, direttore dell’“ortodosso” Global Times: «Non credo che Peng Shuai abbia ricevuto ritorsioni e repressioni ipotizzate dai media stranieri per le cose di cui la gente ha parlato».