Andrea De Domenico - Ocha
«Noi non facciamo altro che implementare il mandato datoci dagli Stati membri. Poi però alcuni Stati membri reagiscono con irritazione semplicemente perché non apprezzano che si faccia il nostro lavoro. E si arriva al punto in cui alcuni Stati si sbarazzano della presenza dei funzionari delle Nazioni Unite semplicemente non rinnovandone il visto».
Andrea De Domenico, direttore dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari umanitari nei Territori Palestinesi Occupati (Ocha) non ha ottenuto il rinnovo del visto e ha dovuto lasciare Israele.
Dunque lei non è stato ufficialmente espulso da Israele?
Formalmente no, ma nella sostanza sì, il non rinnovo del visto porta allo stesso risultato”.
Ma che spiegazioni ha ottenuto?
In privato e in modo non ufficiale il ministero degli affari esteri israeliano mi ha ribadito che il problema è stato l’avere incluso le forze armate israeliane nella lista nera degli eserciti che hanno violato la convenzione su i bambini nei conflitti armati, una convenzione che Israele ha firmato e che protegge i bambini da sei violazioni fondamentali, tra cui l'uccisione e le menomazioni, attacchi a scuole ed ospedali e negazione degli aiuti umanitari. Tragicamente questi sono fatti sono chiaramente avvenuti ed ancora avvengono quotidianamente a Gaza in proporzioni impressionanti ed ingiustificabili.
Così non avete equiparato Israele ai gruppi terroristici?
Il rapporto pubblicato dal Segretario Generale sulle violazioni della convenzione sui bambini ed i conflitti armati mette sulla “black list” i movimenti armati coinvolti nell'attacco del 7 ottobre contro Israele, ma anche l’esercito israeliano. È sotto gli occhi di tutti ciò che sta accadendo a Gaza.
Ma non era coinvolta anche l’Unicef?
Certo, politicamente sarebbe stato più delicato negare il visto ai funzionari dell’agenzia Onu che protegge i diritti dell’infanzia e dunque la decisione di Israle è ricaduta su di noi. Ma il vero problema di queste scelte temo sia un altro.
Quale?
Se da una parte Israele ha fatto una valutazione sul danno reputazionale che avrebbe avuto un attacco all’Unicef, dall’altro è pur vero che colpendo noi si perpetua l’attacco nei confronti dell’Onu e di chi si occupa di Diritti umani. In altre parole, ci rimproverano di far rispettare il diritto internazionale, l'ordine basato sul diritto internazionale, quello creato dagli stessi Stati che però non ci supportano quando cerchiamo di farlo rispettare. Questo è un modo per compromettere il lavoro delle Nazioni Unite, usate come capro espiatorio ogni volta che si mette l’accento sul rispetto dei diritti umani. Dimenticando che abbiamo pagato un prezzo altissimo, con più di 200 colleghi uccisi a Gaza, assieme a vari operatori di Ong nazionali ed internazionali.
È pur vero che nel personale Onu (Unrwa in particolare) a Gaza vi fossero degli infiltrati di Hamas, e che le sedi dell’Onu sono usate dai gruppi armati.
Abbiamo sempre chiesto ad Israele di fornirci le prove di queste accuse per poter prendere le necessarie misureed allontanare chiunque fosse nei ranghi di Hamas o di altri gruppi. Ad Israele abbiamo sempre detto: dateci le prove e quelle persone saranno licenziate. Invece non abbiamo mai visto alcuna prova solo liste di nomi. Abbiamo duramente denunciato l’utilizzo illegittimo delle sedi dell’Onu da parte di militanti armati”.
E i tunnel di Hamas? Non vi siete mai accorti di nulla?
Voglio ribadirlo: io non ho mai visto uomini armati nelle nostre sedi. I tunnel che hanno trovato stavano a 30 metri. Come faccio a sapere cosa c’è a quella profondità sotto gli edifici? E neanche questa semplice constatazione è bastata a proteggere le nostre strutture e il nostro personale dai bombardamenti.
Almeno una dozzina di dipendenti dell’Unrwa sono risultati coinvolti direttamente o indirettamente nell’attacco del 7 ottobre. Come se lo spiega?
Unrwa ha 13mila dipendenti, Hamas controlla tutto con il pugno di ferro a Gaza, è dunque plausibile che vi potessero essere delle collusioni. Unrwa si occupa di istruzione, di salute, di cibo e di acqua, per far sopravvivere le persone, non hanno le competenze per fare indagini di polizia. Per questo hanno chiesto ad Israele di condividere le prove a loro disposizione, ma non hanno ricevuto nulla.