Elena Milachina, 45 anni, giornalista di Novaya Gazeta, in una foto postata dal profilo di Memorial Italia - Fb Memorial Italia
Ancora violenze sui giornalisti russi. E ancora una volta la vittima è una reporter della testata Novaya Gazeta, diretta dal premio Nobel Dmitrij Muratov. Elena Milashina, giornalista premiata nel 2009 da Human Rights Watch, oggi è finita in ospedale con un trauma cranico, la testa rasata, orrendamente dipinta con vernice verde e le dita delle mani fratturate. Chiari segnali di un’esecuzione e di un messaggio.
La reporter è stata rapita e aggredita insieme con l’avvocato Alexander Nemov mentre era in viaggio verso Grozny.
Ai medici ha raccontato che i rapitori si sono accostati al taxi e, dopo aver scaraventato giù il proprietario della vettura ne hanno preso possesso. Una volta fatti scendere i due passeggeri, hanno legato loro le mani e puntato contro una pistola contro la testa. Successivamente Elena e Alexader sono stati picchiati con manganelli e calci. I loro telefoni sono stati sequestrati dai rapitori, che li hanno lasciati a terra privi di forze. In particolare, Elena è stata rasata e Alexander è stato pugnalato a una gamba. I documenti e le attrezzature che avevano con loro sono state distrutte. Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov ha spiegato che il presidente Vladimir Putin è stato messo al corrente dell’accaduto e che ha definito il fatto «molto grave».
Ma negli ambienti della dissidenza pensano che il “modello Kadyrov” sia stato importato in Russia anche con la sua benedizione.
Elena e Alexader si stavano recando a Grozny perché volevano seguire il processo contro Zarema Musayeva, che oggi è stata condannata a 5 anni e mezzo di reclusione, ufficialmente per frode e per aver aggredito un agente di polizia. Si tratta a tutti gli effetti di una sentenza politica. La donna è moglie di Saidi Yangulbaev, un ex giudice della Corte Suprema della Cecenia. Ma soprattutto è madre di Abubakar Yangulbaev, attivista per i diritti umani, e Ibragim Yangulbaev, che si ritiene cofondatore del movimento di opposizione Adat. Entrambi sono considerati due fra i più forti avversari del presidente ceceno, Ramazan Kadyrov. Musayeva, prima dell’inizio dell’operazione militare speciale russa contro l’Ucraina è stata rapita dalla città Nizhni Novgorod e portata a Grozny. Un regolamento di conti avvenuto secondo le regole cecene, ma in territorio russo e del quale Kadyrov voleva che si parlasse il meno possibile.
Milashina è molto nota nell’ambiente del giornalismo investigativo russo, soprattutto per le sue indagini sui crimini commessi dal regime di Kadyrov. Negli ultimi anni, la Cecenia è tornata alla ribalta delle cronache per la brutalità con cui colpisce tutto quelli che non è gradito al presidente.
Un modello che, secondo alcuni analisti, rischia di radicarsi sempre di più anche nella nuova Russia di Putin, che considera il dittatore ceceno un alleato chiave e che per molti è destinato a essere sempre più influente. Poco tempo prima dell’inizio della guerra alcuni media indipendenti avevano pubblicato storie di donne che lottavano per conservare l’affidamento dei propri figli, che venivano loro tolti per motivazioni come la presenza di tatuaggi o il vizio del fumo.
Milashina è anche considerata colei che sta portando avanti parte del lavoro di Anna Politkovsaja, la giornalista che lavorava a Novaya Gazeta e che è stata ammazzata a Mosca il 7 ottobre 2006 proprio per le sue inchieste sugli abusi perpetrati durante la guerra in Cecenia.