mercoledì 26 settembre 2018
Scomparso a 86 anni; dal ’65 a oggi ha pubblicato 135 libri. Ironico e spiazzante, era amato da papa Francesco. L’ultimo lavoro dedicato a Maria
Don Alessandro Pronzato

Don Alessandro Pronzato

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Aveva tre sogni don Alessandro Pronzato, prete scrittore tra i più letti del Novecento, scomparso oggi a 86 anni. Avrebbe voluto inserire l’umorismo tra le virtù indispensabili per diventare santi; stringere la mano a papa Francesco e parlare alla Madonna.

Si può dire che abbia realizzato i suoi obiettivi. Nei 135 libri scritti dal ’65 a oggi – prese in mano la penna a 32 anni quasi per caso – ha cucito e ricucito tante volte insieme le parole Vangelo e sorriso, e l’ha fatto in modo tanto convincente, che oggi sembra quasi impossibile pretendere di escludere la via del buonumore tra quelle che portano a Dio. Quando prima o poi capiterà, perché capiterà, che in qualche positio – il librone dove si raccontano vita e virtù dei candidati alla gloria dell’altare – verranno ricordati anche ironia e buonumore del futuro aureolato, sapremo chi ringraziare.

E da lassù don Sandro, così era chiamato da tutti gli amici, racconterà quella barzelletta in cui ci sono i santi che raccontano le barzellette. Quale? Ma naturalmente quella che inventerà sui due piedi, con quella freschezza e quella spontaneità grazie a cui i personaggi più insoliti gli scorrevano lungo la penna e prendevano sostanza sulla carta con esiti sorprendenti. Faceva parlare di Vangelo magi derubati, scribi ignoranti, pescatori caduti nella rete, persino i pannolini di Gesù Bambino. Le sue pagine non di rado disorientavano e facevano discutere.

Fu così anche per il suo libro più noto, quei Vangeli scomodi pubblicati nel ’65 che ebbero oltre trenta tra edizioni e ristampe, e una ventina di traduzioni in varie lingue, dallo spagnolo al giapponese. All’inizio le critiche lo amareggiavano, ne parlò con Paolo VI, durante un’udienza privata, e il pontefice lo incoraggiò: «Vada avanti, non badi ai parrucconi, continui a scrivere come sta facendo. È così che bisogna scrivere oggi». E non fu il solo Papa che ebbe parole di stima per il suo lavoro.

Giovanni Paolo II lo ringraziò personalmente più volte per il suo apostolato della penna. Incontrò in alcune occasioni anche papa Benedetto, ma è con papa Francesco che si è creato, seppure a distanza e all’insaputa di don Sandro, il sodalizio spirituale più tenace. Quando ancora era arcivescovo di Buenos Aires, Bergoglio leggeva in spagnolo i libri di don Pronzato, soprattutto i commenti ai Vangelo che poi utilizzava come spunti per le omelie. Quelle trovate graffianti che don Sandro toglieva dal profondo dell’anima, mentre vegliava nel cuore della notte – tutte le mattine alle 4 era in piedi per scrivere – e purificava con il suo lessico, apparentemente semplice, che nasceva invece da una stratificazione rimeditata di apologetica, di spiritualità, di detti dei padri della Chiesa: «Col sì del mattino ti accetti l’imprevisto, sei d’accordo con ciò che non conosci, concedi libertà d’azione al Dio sorprendente, ti dichiari disponibile a seguire le traiettorie impensate e impensabili dello Spirito». E ancora: «Finché non preghi, chiunque può affondare le unghie dentro di te e strapparti i valori più preziosi. Anzi, ti trovi perfino bene. Nella tua pelle svuotata di contenuto. Prova a metterti davanti a Lui. Sentirai gli strappi. Ogni movimento ti caverà fuori urti laceranti».

Sono stati squarci simili ad affascinare papa Francesco, a convincerlo che quello scrittore di origini piemontesi come lui, aveva dentro una forza non comune di invenzione, di approfondimento fulminante, di fascinazione. Se si conoscono queste premesse non deve apparire sorprendente che due mesi dopo l’elezione, il nuovo Papa mandi un libro al suo scrittore preferito con la dedica: «Ad Alessandro Pronzato, suscitatore di inquietudini. Con tanta riconoscenza, Francesco». E così don Sandro, che neppure sospettava di essere da lui conosciuto, scopre un nuovo, inatteso ma quanto mai gradito interlocutore. Da allora i rapporti tra i due non si sono più interrotti.

Quando la cardiopatia si aggrava e Pronzato dev’essere operato d’urgenza, Francesco chiede di essere tenuto informato sul decorso della malattia e, qualche settimana dopo, gli scrive una lunga lettera autografa invitandolo a riprendere la sua attività di scrittore, perché la Chiesa, dice, ha bisogno di un uomo come lui. Ed è a don Pronzato che Francesco chiede consiglio quando nel settembre 2015 prepara il viaggio per Cuba dove, tra l’altro, incontrerà Fidel Castro. Vuole alcuni libri tradotti in spagnolo per donarli al lider maximo. Don Sandro ne manda una decina e il Papa sceglie Vangeli scomodi e La nostra bocca si aprì al sorriso, proprio un testo sull’umorismo. Chissà se poi Fidel avrà letto davvero quei libri, se come altri migliaia di lettori si sarà lasciato sorprendere e catturare da frasi come «Il Padre celeste ha pietà di chi soffre il "mal di terra"». Oppure: «Il tuo sapere umano non riuscirà a fissare, determinare, né tantomeno a catturare le traiettorie dello Spirito». L’ultimo incontro con papa Francesco nel gennaio 2017.

Il giorno prima una telefonata da Santa Marta, il giorno successivo l’incontro privato di cui rimangono alcune foto. Una, in particolare – che pubblichiamo qui sopra – rileva il clima familiare tra due vecchi amici che si scambiano battute e se la ridono di gusto. Hanno tanto in comune tra "don" Jorge e don Sandro: il gusto per il buonumore, la voglia di andare controcorrente anche nei racconti del Vangelo, l’amore per la Madonna. Su Maria, Pronzato ha scritto tantissimo Titoli come L’Ave Maria e Il Rosario sono da anni tra i suoi libri più amati. E proprio a Maria è dedicata la sua ultima fatica, pubblicata pochi mesi fa, Tutti a scuola di Maria per imparare la gioia, in cui tra l’altro scrive: «L’amore a Maria va sussurrato più che gridato, nascosto gelosamente più che esibito, per riuscire non dico a penetrare, ma almeno a sfiorare il mistero di questa giovane donna che ha detto "sì" a Dio anche per noi». Patrizia Sola, anima della Gribaudi, la casa editrice che ha pubblicato quasi tutti i suoi libri, ricorda lo scrupolo e la dedizione con cui don Sandro, nonostante la malattia, ha preteso di rivedere le bozze del suo ultimo libro. Anzi, non contento di alcuni "aggiustamenti" editoriali, aveva preteso di rimescolare le carte suggerendo una nuova impaginazione. E così è stato fatto. D’altra parte i suoi editori raccontano che con lui era sempre capitato così. Si avvicinava con cautela agli argomenti che doveva trattare, esaminava con attenzione il tema, poi partiva come un diretto e, a quel punto, era indispensabile fare come lui aveva pensato. Era stato così per padre Pio da cui a lungo Pronzato non pareva particolarmente attratto. Ma quando la Gribaudi gli chiese di occuparsene, partì per San Giovanni Rotondo, visitò i luoghi, ascoltò i testimoni e poi di libri non se scrisse uno, ma quattro.

Uno, Mistero gaudioso, racconta aneddoti e circostanze in cui il frate di Pietrelcina si era rilevato un grande umorista. Don Pronzato era riuscito a fare sorridere anche padre Pio. I funerali del grande prete scrittore saranno celebrati venerdì, alle 14, nella chiesa di Gesù Risorto a Lugano, dal cardinale Severino Poletto. Si erano conosciuti tanti anni fa alla Fiera del libro di Torino dove l’allora arcivescovo di Torino era stato invitato a presentare La nostra bocca si aprì al sorriso. Insomma, direbbe don Sandro se potesse ispirare il clima del suo funerale: «Anche per l’ultima benedizione spazio al buonumore».

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