«Fidel, tu sei ancora ateo?». «Io sono quello che sono stato. Ma non sono mai stato nemico della religione, ho sempre accettato i credenti, ma sarei un disonesto se dicessi che sono credente. Ho scelto un’altra etica: siamo troppo piccoli per sentirci superiori agli altri. Ecco perché sono felice di essere come sono». Così un Fidel Castro novantenne, smagrito, ma ancora battagliero rispondeva pochi mesi fa a Gianni Minà nell’ultima intervista concessa a un giornalista occidentale. È una delle tante chicche contenute nel documentario Papa Francesco, Cuba e Fidel - La storica visita di un pontefice venuto da Sud che il giornalista, che conosceva personalmente Castro dal 1969, ha presentato pochi giorni fa a Torino presso la Rivista Missioni Consolata con cui collabora («mi sento vicino alla loro missione») spiega il giornalista.
Minà ha prodotto questo approfondito reportage di due ore sulla storica visita di papa Francesco nel settembre 2015 con la sua GME produzioni e la distribuzione Rai Com. «La Rai ha i diritti di distribuzione ma non si è ancora fatta viva», dice deluso ad Avvenire Minà che ha investito un anno di lavoro su un documentario incentrato soprattutto sul ruolo della diplomazia vaticana e di Bergoglio nel risolvere il groviglio politico di un pesante embargo che dura ormai da 50 anni. «Anche se ora occorrerà capire come si comporterà Trump» aggiunge.
«Sono addolorato per la scomparsa di Fidel, che era lucidissimo nonostante l'età – spiega Minà –. Comunque la si pensi, il mondo non è più stato lo stesso dopo la Rivoluzione cubana. Il modello cubano con tutti i suoi difetti è ancora in piedi e può essere un esempio per l’America latina dove nessun paese ha lo stesso livello di Cuba a livello di sanità, istruzione e cultura». Nel documentario che presenta moltissime interviste ai protagonisti del disgelo, fra cui quelle a monsignor Angelo Becciu, sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato e monsignor Jaime Ortega, arcivescovo dell’Avana, spicca l’intervista esclusiva a Fidel, che, spiega Minà, «parla con grande entusiasmo del Papa». «La visita di papa Francesco non mi ha sorpreso – dice nel documentario il lidèr maximo – perché è una persona molto onesta, molto sincera e disinteressata. Per la gente più che una sorpresa è stata una gioia».
Gianni Minà ha seguito per 4 giorni il Papa nella sua visita con una troupe cubana. «Ho avuto questo privilegio, il fascino della persona è incredibile – ci spiega –. Volevo capire da dove nascesse la capacità di fare finalmente dialogare due paesi come Stati Uniti e Cuba. Il ruolo di un papa sudamericano è stato fondamentale, un Papa che tuona contro la miseria e la guerra». Per il giornalista è stato commovente il momento dell’incontro fra l’energico Bergoglio vestito di bianco e il fragile Fidel in tuta blu. «Franceso è andato a trovare privatamente Fidel, con grande semplicità, accompagnato solo da un monsignore – aggiunge Minà –. Due uomini anziani e forti, uniti dal desiderio di ridare una vita migliore e dignità a Cuba. Non dimenticherò mai, dopo un’ora di colloquio dove avevano parlato anche della formazione di Castro dai gesuiti, quando salutandolo il Papa ha preso la mano di Fidel e gli ha detto: "Ehi, prima o poi regalamelo un Padre Nostro". E Castro gli ha risposto: "Lo farò"».