venerdì 31 gennaio 2025
La loro prigionia nei tunnel di Hamas è finalmente terminata, ma non sono ancora arrivati a casa e, soprattutto, aspettano ancora altri tre connazionali
Uno degli ostaggi thailandesi tornati liberi

Uno degli ostaggi thailandesi tornati liberi - ANSA

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I lavoratori thailandesi, da anni, facevano parte integrante dell’ecosistema agricolo dei kibbutz al confine con Gaza. Fino al 7 ottobre quando, nel corso del massacro da parte di Hamas, molti di loro hanno pagato un prezzo altissimo: 42 sono stati uccisi e 31 sono stati rapiti nell’enclave. In tutto 23 di loro sono tornati in Israele durante il primo cessate il fuoco di Novembre 2023, mentre solo giovedì scorso altri cinque – Pongsak Thaenna, Sathian Suwannakham, Watchara Sriaoun, Bannawat Saethao e Surasak Lamnao – hanno iniziato il loro lungo viaggio verso casa, in Thailandia.

Le famiglie degli ostaggi si sono sempre battute, fin dal primo giorno, anche per il loro ritorno: "Le persone sono persone, non importa se sono cittadini israeliani o thailandesi, dove sono cresciute e per quale paese hanno combattuto. Se fossi stato rapito in un Paese straniero, vorrei vedere la folla accogliermi " hanno dichiarato alcuni membri del Comitato dei parenti dei rapiti, mentre li aspettavano con la bandiera tailandese all’ospedale, assieme agli altri tre ostaggi rilasciati giovedì.
La loro prigionia nei tunnel di Hamas è finalmente terminata, ma non sono ancora arrivati a casa e, soprattutto, aspettano ancora gli altri tre connazionali.

L'ambasciatrice thailandese Pannabha Chandraramya è stata la prima a salire sulla rampa dell'elicottero per riceverli, dopo che una task force tailandese e israeliana li aveva incontrati a terra appena usciti da Khan Yunis.
Un alto funzionario israeliano ha dichiarato che i tre rimanenti ostaggi tailandesi sono ancora nelle mani di Hamas e che di questi Natapong Pinta – rapito a Nir Oz come la maggior parte dei lavoratori tailandesi - presumibilmente, è ancora vivo. Mentre Sottisak Rintelak e Sontaya Akrasi sono stati assassinati il 7 ottobre presso il kibbutz Beeri, dove sono stati uccisi la maggior parte dei loro connazionali.
Tra i rapiti non israeliani si trovano ancora nella Striscia Bipin Joshi, uno studente nepalese - teoricamente ancora vivo – e Joshua Luito, uno studente tanzaniano che, invece, è stato assassinato nel corso del massacro di Nir Oz.




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