E' la malattia della povertà, del degrado. Perché la sua diffusione viene favorita in maniera esponenziale da condizioni igieniche precarie, che contribuiscono al diffondersi dei topi e quindi delle loro pulci, da cui il batterio Yersinia pestis è veicolato. È la peste, quella che in Europa abbiamo dimenticato ma che dal ’500, quando si affacciò nei territori dell’attuale Turchia, è sempre presente in Africa così come in alcune zone dell’Asia e dell’America meridionale. La nuova epidemia che sta diffondendo il panico in Madagascar è tra le peggiori degli ultimi anni. Secondo i dati diffusi dal ministero della Sanità locale, i casi registrati sono 1.231, con 127 vittime. Per l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) il picco più alto sarebbe stato raggiunto, anche se gli esperti si aspettano un numero elevato di casi «fino alla fine della stagione tipica della malattia, che termina ad aprile ». La peste nella grande isola dell’Africa australe è endemica ma l’epidemia di quest’anno preoccupa di più perché, per la prima volta, ha colpito due grandi città sull’Oceano Indiano, la capitale Antananarivo e l’area portuale di Toamasina.
L’anno scorso erano stati registrati 63 morti, ma nell’arco dell’intero anno e come conseguenza di sole 275 infezioni. Non solo: quest’anno molte persone hanno contratto la peste polmonare, più pericolosa e infettiva rispetto a quella bubbonica, che non è trasmissibile da un essere umano a un altro e che solitamente si sviluppa nelle zone rurali. Se non curata, la peste bubbonica può degenerare, con l’infezione che si trasmette ai polmoni. La peste polmonare è quasi sempre mortale se non curata in sole 24-72 ore e si trasmette per via aerea con colpi di tosse e starnuti. L’alta densità di popolazione nelle aree urbane più povere ha contribuito al diffondersi dei contagi. Il governo del Madagascar ha già vietato i raduni pubblici e il personale sanitario, il più esposto alla contaminazione, sta ricevendo cure mediche preventive.
L’Oms ha già fornito 1,2 milioni di dosi di antibiotici necessari per combattere l’infezione, mentre la Croce Rossa ha addestrato centinaia di volontari sull’isola per pubblicizzare misure di prevenzione. L’Oms ha anche inviato materiale per disinfettare e 150mila equipaggiamenti di protezione. «Siamo in una fase attiva dell’epidemia. Ci aspettiamo nuovi casi», ha ammesso Ibrahima Soce Fall, direttore regionale per le emergenze dell’Oms, secondo il quale sarà difficile sradicare il virus in un Paese in cui «più del 90% della popolazione vive con meno di due dollari al giorno. Sradicare il virus è una questione legata allo sviluppo». Secondo Caroline Anthony, referente sanitaria di Azione contro la fame, «l’individuazione delle persone infette è una delle principali sfide per il controllo dell’epidemia. È essenziale essere in grado di tracciare il percorso della malattia e iniziare al trattamento antibiotico tutti coloro che hanno avuto contatti con le persone infette al fine di ridurre la trasmissione».
Olivier Le Guillou, responsabile della stessa Ong, fa inoltre notare che «essere di fronte a un’epidemia spesso provoca forti reazioni emotive e destabilizza i legami sociali e familiari: sono risposte normali a una situazione insolita che si manife-È stano sotto forma di stress, paura, rabbia, lutto e stigma associato con la malattia». Luca Fontana, esperto di potabilizzazione delle acque per Medici senza frontiere, sostiene invece che «la peste è ovviamente una malattia che spaventa, ma attraverso azioni concrete e rapide si può ridurre drasticamente il numero di morti e porre fine all’epidemia ».
Msf sta aiutando le autorità del Madagascar a implementare il sistema di triage dei pazienti, così da identificare e isolare i malati, e a coordinare il sistema di ambulanze a Toamasina. Gli esperti di acqua e potabilizzazione della Ong, insieme alle équipe locali, stanno intervenendo anche nei protocolli di igiene e nella disinfezione dell’ospedale e nel resto della comunità: l’obiettivo è di ridurre il più possibile il rischio che la peste si diffonda ulteriormente.