Ambulanze all'entrata del centro medico dell'American University di Beirut - Ansa
Il Libano è sotto choc dopo l'esplosione di decine di cercapersone in possesso di miliziani di Hezbollah, causando la morte di almeno 12 persone e il ferimento di 4mila. Non si era visto un simile sgomento dalla devastante esplosione al porto di Beirut il 4 agosto 2020, con un flusso continuo di ambulanze a sirene spiegate. Gli ospedali in crisi sono in particolare quelli che si trovano nella periferia sciita della capitale libanese, al-Zahra e al-Sahel, ma anche tutti i centri medici sparsi nel Sud e nella Valle della Beqaa risultano sotto pressione. Sui mass media, il dito è stato puntato da subito contro Israele. Diversi canali tv sottolineano come un consigliere del premier israeliano Netanyahu abbia «rivendicato» sulla rete il cyberattacco, prima di cancellarlo. I cyberattacchi, dicono ancora, sono avvenuti a poche ore dalla decisione del governo israeliano di inserire il rientro degli sfollati della Galilea tra gli obiettivi della guerra, e ciò attraverso un «differente approccio» nella conduzione della guerra contro Hezbollah.
All'inviato americano Amos Hochstein che gli chiedeva lunedì di non intraprendere una guerra aperta in Libano e di privilegiare la soluzione diplomatica, Netanyahu avrebbe risposto che «solo un cambiamento radicale» può permettere a Israele di raggiungere i suoi obiettivi di sicurezza.
Guerra totale, allora? Il terreno sembra pronto, dopo undici mesi di fuoco incrociato in cui le due parti – Israele e Hezbollah – hanno, tutto sommato, rispettato le “regole di ingaggio” prestabilite. L'unico “strappo” è avvenuto lo scorso 25 agosto, quando Israele ha lanciato decine di raid aerei contro le postazioni della formazione sciita presenti nel Sud del Libano, ma ha visto successivamente piovere sui suoi territori 340 missili e decine di droni che hanno preso di mira tutte le sue basi militari sparse tra le Galilea e le alture del Golan. Quattro lunghe ore in cui il mondo ha temuto il peggio. Ma poi tutto è rientrato. Oggi, ci troviamo di nuovo sull’orlo di un baratro che non può che essere devastante per ambo le parti.