Mentre la guerra a Gaza continua con il suo strascico enorme di vittime civili la Corte penale internazionale indaga sui crimini di Hamas. Ma mette sotto osservazione anche i comportamenti illegali dei coloni in Cisgiordania - Ansa
Ha lasciato Israele e la Palestina con due promesse: indagare sui crimini di Hamas e non lasciare impuniti quelli dei coloni che aggrediscono la popolazione palestinese. La missione del procuratore della Corte penale internazionale arriva dopo settimane di difficile lavoro investigativo, ancora in fase preliminare. Ma Karim Khan ha assicurato che l’impegno della giustizia internazionale è mirato affinché «nessuno si senta impunito».
Prima di tornare in Olanda negli Uffici della procura, Khan ha chiesto «il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi presi da Hamas e da altre organizzazioni terroristiche. Non ci può essere alcuna giustificazione – ha aggiunto – per la detenzione di ostaggi, e in particolare per la grave violazione dei principi fondamentali di umanità attraverso il sequestro e la detenzione di bambini. Gli ostaggi non possono essere trattati come scudi umani o merce di scambio».
L’accusa è precisa e prelude all’iscrizione sul registro degli indagati dei vertici operativi della formazione fondamentalista. «Sia nel kibbutz Be’eri che nel kibbutz Kfar Aza, così come nel sito del Nova Music Festival di Re’im, ho assistito a scene di calcolata crudeltà», ha detto il procuratore che non ha avuto remore nell’affermare che «gli attacchi contro civili israeliani innocenti del 7 ottobre rappresentano alcuni dei più gravi crimini internazionali che sconvolgono la coscienza dell’umanità, crimini per i quali è stata istituita la Corte penale internazionale».
La presenza in Israele del procuratore internazionale non era scontata. Al contrario della Palestina, Gerusalemme non ha mai sottoscritto i trattati di adesione al tribunale internazionale. I crimini, però, sono stati perpetrati da formazioni e cittadini palestinesi di Gaza anche se in territorio israeliano e i civili israeliani sono stati sequestrati e rinchiusi a Gaza, in territorio della Palestina, consentendo perciò l’avvio dell’indagine. «La mia visita in Israele è stata condotta su richiesta dei familiari e degli amici dei cittadini israeliani uccisi o presi in ostaggio da Hamas – ha chiarito Khan – e da altri gruppi armati palestinesi il 7 ottobre 2023».
Per quanto non si sia trattata di una missione investigativa, il procuratore ha raccolto elementi di analisi che serviranno alle indagini. Non a caso è stata avviata anche per la situazione in Palestina la raccolta delle denunce e delle segnalazioni anche attraverso il sito internet della Corte. Karim Khan ha incontrato in Israele e a Ramallah, il capoluogo amministrativo della Palestina, sia famiglie israeliane che palestinesi. «Il mio messaggio è stato chiaro: siamo pronti a lavorare in collaborazione con loro come parte del nostro impegno continuo per far sì che i responsabili rispondano delle loro azioni», ha detto volendo rassicurare anche Israele: «Tale impegno, così come la mia visita, non pregiudicherebbe la posizione di Israele sulla giurisdizione, in quanto non Stato parte dello Statuto di Roma». Insomma a Tel Aviv nessuno dei leader politici dovrebbe sentirsi minacciato, anche se le azioni dell’esercito israeliano verranno esaminate alla luce del diritto internazionale. «Per quanto riguarda Gaza, e nonostante le continue violazioni del diritto umanitario internazionale da parte di Hamas e di altri gruppi armati nella Striscia di Gaza, il modo in cui Israele risponde a questi attacchi – avverte Khan – è soggetto a chiari parametri legali che regolano i conflitti armati».
E in contesti densamente popolati, dove si presume che i combattenti siano illegalmente incorporati nella popolazione civile, «è intrinsecamente complesso, ma il diritto umanitario internazionale deve essere applicato e l’esercito israeliano conosce la legge che deve essere applicata».