lunedì 30 settembre 2024
L’esercito ha avviato l’operazione di terra. Spari dai tank ammassati alla frontiera. Gli americani: «Informati su azioni contenute e incentrate sui target di Hezbollah al sud». Incognita Iran
Soldati israeliani accampati lungo il confine con il Libano

Soldati israeliani accampati lungo il confine con il Libano - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Spari dai carri armati e un fitto fuoco di sbarramento dall’artiglieria.Sono cominciate dopo il tramonto le prime incursioni israeliane sul Libano meridionale, con operazioni ravvicinate sul confine, che si preannunciano limitate, ma nei piani non escludono un impegno duraturo e ad ampio raggio. L’ipotizzata invasione dipenderà anche dall’entità della reazione di Hezbollah e dall’eventuale supporto dall’Iran e dei suoi satelliti nella regione.

Per tutta la giornata Israele aveva continuato a colpire il Libano con ondate di attacchi che vanno avanti da due settimane. Gli Usa sono stati informati delle reali intenzioni di Tel Aviv. La Casa Bianca, almeno nelle note ufficiali, spinge per un tempo di tregua sia a Nord con il Libano che al sud con Gaza. «Serve un cessate il fuoco adesso in Medio Oriente», aveva detto il presidente Biden, poco dopo scavalcato dall’ordine di attacco via terra. Da quasi un anno, tutti gli appelli sono caduti nel vuoto e le premesse per una espansione del conflitto sono concrete. E così, in serata i jet di Israele hanno bombardato con intensità diverse località nel sud del Libano, non solo la linea di demarcazione tra i due paesi ma anche a nord di Tiro. Lo riferisce l'agenzia governativa libanese Nna, secondo cui le aree maggiormente prese di mira dai raid aerei israeliani sono Adaisse, Qasimiye, Khardali, Rihan, Baysariye, Kawkaba, Ghaziye, Bednayel, Qusayr, Kharbet Selem, Taybe, Humin.

Le truppe libanesi, che pattugliano la “Linea Blu” con le forze Onu, si sono ritirate dalle posizioni lungo il confine meridionale, dove Hezbollah tiene le sue prime linee. La ritirata, per almeno 5 chilometri è stata confermata dal fonti della sicurezza libanese. Si fronteggeranno dunque Israele ed Hezbollah. Le operazioni militari israeliane dei giorni scorsi hanno inferto colpi durissimi all’organizzazione armata, che tuttavia dispone di decine di migliaia di razzi e missili (più di 150 mila secondo varie fonti) e un esercito che fino ad ora sembra non aver fatto registrare diserzioni di massa.


Le avvisaglie erano state osservate ieri mattina. «L’eliminazione di Nasrallah è un passo importante, ma non è quello definitivo. Per assicurare il ritorno delle comunità settentrionali di Israele, impiegheremo tutte le nostre capacità, e questo include voi», aveva dichiarato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant alle truppe schierate al confine settentrionale.


Lungo tutta la linea di demarcazione la tensione è al massimo. L’esercito diBeirut, fragile, male armato e numericamente poco influente sul terreno, pattugliava con i militari della forza internazionale Unifil il confine. Proprio il contingente Onu si trova di nuovo davanti a un bivio: tenere le posizioni e assistere alla nuova battaglia senza poter intervenire (come prevedono le regole d’ingaggio), oppure lasciare l’area a un destino imprevedibile.


Secondo le autorità locali libanesi almeno 700 mila persone hanno abbandonato le proprie case temendo di finire travolti dal conflitto. Sul lato israeliano del confine, lungo tutta la fascia che guarda alle colline libanesi, il dislocamento delle brigate corazzate era stato ultimato alla fine della scorsa settimana. Il governo libanese sembrava voler approfittare della debolezza del “Partito di Dio”, per riprendere il controllo delle province meridionali. Il primo ministro ad interim del Libano, Najib Mikati, ha dichiarato che il suo governo è pronto ad attuare pienamente una risoluzione Onu che mira a porre fine alla presenza di Hezbollah a sud del Litani, come parte di un accordo per fermare la guerra con Israele. Mikati ha detto che l’esercito libanese potrebbe schierarsi a sud del fiume.


L’uccisione di Nasrallah, avvenuta venerdì scorso dopo il discorso di Netanyahu all’Onu con una raffica di 83 bombe penetranti anti-bunker di fabbricazione americana, ha fatto un imprecisato numero di vittime: almeno 6 tra i ranghi di Hezbollah e numerosi civili residenti nei palazzi polverizzati. Alcune fonti parlano di 105 morti nelle due giornate di pesanti martellamenti sul centro abitato di Beirut. Ieri la capitale è stata nuovamente colpita, stavolta in pieno centro: ucciso il leader del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, Nadal Abdel-Alel, a capo delle operazioni in Cisgiordania, morto con Emad Odeh, capo dell’ufficio militare.


Privati dei vertici e delle linee di comunicazione, Hezbollah almeno a parole dice che migliaia di combattenti del “Partito di Dio” sono pronti ad affrontare qualsiasi invasione di terra israeliana. «Affronteremo qualsiasi possibilità e siamo pronti se gli israeliani decidono di entrare via terra», ha detto Naim Qassem, candidato alla sucessione di Nasrallah, da una località segreta. A dare manforte sarebbe dovuto essere l’Iran, che al momento si è limitato a minacce di circostanza. Dalla parte opposta sono gli Houthi che dallo Yemen saltuariamente tengono impegnata la contraerea israeliana. Niente che faccia presagire a una imminente vendetta massiccia e coordinata dell’Asse della Resistenza guidato da Teheran. Ma ora, con l’invasione di terra, ogni scenario torna sul tavolo.


© riproduzione riservata


© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI