Una ragazzina afghana tra i rifiuti della piccola discarica a ridosso di un campo sfollati alla periferia della capitale Kabul: ancora una volta i più piccoli sono le prime vittime del conflitto - Ansa
Passi «piccoli ma reali». Al (cauto) ottimismo dell’Onu – ma i numeri catturano la realtà di un negoziato tra Kabul e i taleban lento, paludoso, irto di difficoltà – fa da tragico contrappunto una quotidianità senza pace. In Afghanistan si continua a morire. Ogni giorno. E la mattanza non risparmia i bambini. L’ennesima strage è avvenuta, ieri, nel villaggio di Agho Jan, nella provincia di Ghazni, nell’est. Ancora incerta la dinamica.
Certo è il numero delle vittime: 15 bambini e altre 10 persone sono rimaste uccise. Secondo Waheedullah Jumazada, portavoce del governatore della provincia, l’esplosivo era stato nascosto in un risciò piazzato fuori ad una casa dove si stava svolgendo la recitazione del Corano. Dal ministero degli Interni puntano il dito contro i taleban. Il portavoce dei miliziani Zabihullah Mujahid ha, però, inviato un messaggio ai media affermando che l’esplosione sia stata causata da resti di ordigni abbandonati nell’area, che i bambini avrebbero maneggiato e portato al venditore che guidava il risciò.
Dentro questo caos, l’Onu cerca di spargere ottimismo. La rappresentante speciale del segretariato generale in Afghanistan, Deborah Lyon ha parlato di «piccoli ma reali» passi in avanti nelle trattative tra Kabul e i taleban. Al tempo stesso, ha annunciato uno stop: «Dopo 93 giorni di col- loqui ininterrotti, le parti hanno deciso di prendersi una pausa di 20 giorni e tornare al tavolo dei negoziati il 5 gennaio». Lyon ha ricordato che lo scorso 2 dicembre entrambe le parti hanno annunciato di aver accettato le «regole e le procedure» per i negoziati. Hanno quindi costituito un comitato di lavoro per discutere l’ordine del giorno e si sono presentati con un primo elenco di argomenti da discutere.
«Questi sviluppi sono un primo segnale ma positivo del fatto che entrambe le parti sono disposte e in grado di scendere a compromessi quando necessario», ha detto la rappresentante Onu. Lyon ha inoltre invitato il governo afghano a favorire un processo inclusivo, che preveda una significativa partecipazione di donne, giovani, minoranze, vittime di conflitti e leader religiosi. È importante, ha dichiarato, che i giovani afghani siano presi in maggiore considerazione. Due terzi dei cittadini afghani hanno meno di 25 anni e sono anche «la generazione più istruita nella storia dell’Afghanistan – ha sottolineato – hanno una visione chiara del futuro del loro Paese e dobbiamo fare tutto il possibile per amplificare le loro voci». Nel Paese «la percezione della violenza e dell’insicurezza restano più alti che mai» per questo «è necessario continuare a esercitare pressioni su tutte le parti in conflitto affinché riducano gli atti di forza». L’Afghanistan aspetta.