martedì 18 giugno 2024
Erano poco più di 11mila nel 2021 le persone uccise per i combattimenti nonostante non fossero militari, sono diventati oltre 33mila
La guerra uccide i civili: più 72% nel 2023 (soprattutto donne e bambini)

REUTERS

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Il doppio tra le donne, il triplo tra i bambini. È l’aumento delle morti registrate in un anno dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) nella popolazione civile coinvolta nei conflitti armati di tutto il mondo.

Il titolare dell’ufficio di Ginevra, Volker Türk, ha aperto con queste stime il 56esimo summit del Consiglio che, sempre nell’ambito dell’Onu, promuove le libertà fondamentali. «I dati raccolti nel 2023 segnalano un aumento del 72%», ha sottolineato l’alto funzionario austriaco. Di qui, l’appello: «Dobbiamo urgentemente ritrovare la strada per la pace». Sul bilancio, ovvio, pesano i conflitti in corso dal febbraio 2022 in Ucraina e dal 7 ottobre 2023 nella Striscia di Gaza. Gli uomini, le donne e i bambini che in 28 mesi hanno perso la vita nello scontro armato tra Mosca e Kiev sono circa 12mila: una quindicina al giorno. Quelli uccisi invece nella guerra in Medio Oriente (questi sono gli ultimi dati dell’Ufficio Onu che coordina gli aiuti umanitari), sono più di 37mila palestinesi e 1.200 israeliani.

In pratica, una débâcle. Le rilevazioni degli esperti in diritti umani delle Nazioni Unite riguardano, però, anche altri Paesi: Afghanistan, Yemen, Eritrea, Sudan, Congo e Myanmar, sono solo alcune delle nazioni alle prese con l’orrore della guerra. Da Ginevra precisano che le vittime civili registrate in totale l’anno scorso sono state, per l’esattezza, 33.443 (erano poco più di 11mila nel 2021). Cifra che, seppure fondata su un complesso e rigoroso lavoro di verifica e documentazione sul territorio, svolto in collaborazione con associazioni, ospedali, giornalisti e istituzioni locali, «potrebbe essere sottostimata rispetto al numero reale».

«Sono sconcertato dalla misura in cui le parti in guerra si sono spinte oltre i limiti di ciò che è accettabile – e legale – su molti fronti, con totale disprezzo per l'altro, calpestando i diritti umani nel profondo», ha tuonato Türk parlando ai rappresentanti dei 47 Paesi che compongono il Consiglio Onu per i diritti umani, aggiungendo: «In un anno i conflitti si sono intensificati. Le uccisioni e i ferimenti di civili sono diventati un fatto quotidiano come pure la distruzione delle infrastrutture vitali». La realtà, ha sintetizzato, è «devastante e sconsiderata», segnata dalla cronaca ordinaria di «bambini colpiti da proiettili, di ospedali bombardati, di artiglieria pesante lanciata su intere comunità», il tutto accompagnato da una «retorica odiosa, divisiva e disumanizzante».

La conta dei morti tra i civili fatta dall’ufficio delle Nazioni Unite fa il paio con le conclusioni dell’ultimo rapporto dell’Istituto per l’Economia e la Pace, il Global Peace Index, diffuse proprio la scorsa settima: i livelli di pace nel mondo, oggi, sono ai minimi dalla fine della Seconda Guerra mondiale.

Gli esperti del think tank australiano invitano a tenere sott’occhio i sempre più numerosi focolai minori, quelli come la dimenticata Haiti, che potrebbero esplodere come polveriere. Del resto, osservano, anche le tensioni intercettate in Ucraina e a Gaza nel 2019 erano classificate come di basso profilo. Cinque anni dopo sono diventate un’ecatombe.

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