Dopo mesi di roventi polemiche tra fautori e detrattori, la controversa riforma della normativa Ue sul copyright è stata definitivamente approvata dal Parlamento Europeo a Strasburgo, con 348 sì, 274 no, 36 astenuti. Per l'Italia, aspramente contrari la Lega e soprattutto i Cinque Stelle, Luigi Di Maio ha definito «una vergogna» la direttiva. Contraria anche Leu. Favorevoli Pd e Forza Italia. Il voto non era scontato: i principali gruppi favorevoli (Popolari, Socialisti e Democratici e Liberali) erano divisi. Contrari fin dall'inizio i gruppi sovranisti, i Verdi e la Sinistra unitaria.
La riforma, proposta dalla Commissione Europea, era ritenuta necessaria a Bruxelles per aggiornare una direttiva del copyright del 2000, quando l'Internet era agli albori. Oggi, dice la Commissione, il 56% degli utenti legge articoli giornalistici senza pagare alcunché. Anche musica, foto, testi protetti su copyright circolano gratis sulle piattaforme di giganti come Google, Yahoo, Facebook senza ricevere alcun compenso, mentre queste società vendono a peso d'oro a fini pubblicitario il traffico così generato sui propri siti. Per questo a favore del sì si erano espressi migliaia di creativi, da ultimo 270 gruppi che li rappresentano. E anche l'italiana Siae (Società italiana autori ed editori) aveva lanciato un forte appello.
"Quanto è oggi online - ha detto il vice presidente della Commissione Europea, Andrus Ansip - è già coperto da copyright eppure nessuno paga". Soddisfatto ha poi parlato di "grande passo avanti". Perché, ha dichiarato, "la direttiva protegge la libertà di espressione, valore chiave dell'Unione Europea. Crea forti salvaguardie per gli utenti, chiarendo che ovunque in Europa l'utilizzo di opere a scopo di citazione, critica, analisi, caricatura e parodia sono esplicitamente permessi". E "allo stesso tempo, la direttiva migliora la posizione dei creativi nei loro negoziati con grandi piattaforme, che profittano largamente dei loro contenuti".
Durissima invece la campagna di opposizione dei giganti del Web, che dovranno ora pagare royalties per la pubblicazione di materiali protetti da copyright. Una campagna all'insegna della "censura" della "morte dell'Internet", che ha portato anche a una petizione contro la direttiva firmata da cinque milioni di persone hanno firmato una petizione per lo stop. Wikipedia, che pure è esonerata, sta oscurando i suoi siti per protesta, questo martedì è la volta di quello italiano. "Google, Facebook e Youtube - ha reagito l'eurodeputato cristiano-democratico tedesco Axel Voss, relatore del testo - divulgano disinformazione e dimostrano quanto sia semplice manipolare soprattutto i giovani o lasciarli manipolare e oggi il nostro Parlamento può agire contro queste piattaforme".
La nuova normativa prevede all'articolo 11 accordi tra editori e giganti del Web (non degli utenti) per un congruo pagamento di licenze per la pubblicazione di testi protetti dal copyright. L'articolo 17 (conosciuto come articolo 13, per via delle versioni precedenti del testo), prevede una verifica da parte delle piattaforme, prima del caricamento sulla pagina Web, che i contenuti non stiano violando il copyright. I critici parlando di “upload filter” con alti costi e lunghi tempi di attesa e il rischio di “censure”. In realtà non è un “filtro” sistematico, ma una responsabilizzazione delle grandi piattaforme che fanno della diffusione di contenuti il proprio business.
Esentate dalla normativa sono le società con meno di 10 milioni di euro di fatturato l'anno e 5 milioni di utenti mensili, le enciclopedie online come Wikipedia, le piattaforme open-source, i siti di musei, biblioteche, materiali didattici. Nessuna "link tax" (altra accusa dei critici): gli utenti saranno liberi a fini privati di scambiarsi gratuitamente link o brani di articoli di loro interesse. Non toccati neppure i meme (specie di vignette online) e le animazioni satiriche in formato Gif.
C'è voluto tempo per arrivare all'approvazione definitiva. Un primo voto, a luglio, aveva rinviato il dossier a settembre, quando è stata approvata una versione modificata. Testo che però è stato bocciato dal Consiglio Ue, l'altra istituzione legislativa dell'Unione (che rappresenta gli Stati membri). Il testo approvato adesso è frutto di un compromesso con il Consiglio Ue, e dunque è quello definitivo.