lunedì 2 ottobre 2023
Il dietrofront di Belgrado dopo la richiesta perentoria degli Stati Uniti. Perché la Serbia definisce il confine "linea amministrativa di demarcazione"
Polizia kosovara

Polizia kosovara - Reuters

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La Serbia ha ritirato parte delle sue truppe e delle attrezzature militari che erano state spostate al confine con il Kosovo negli ultimi cinque giorni, lasciando comunque una forza ancora significativa che è permanentemente stanziata nell'area. Lo riporta il Guardian citando un funzionario del governo kosovaro, che conferma il parziale ritiro, e il presidente serbo Aleksander Vucic che ha dichiarato al Financial Times di aver ordinato il ritiro delle truppe, aggiungendo che qualsiasi azione militare sarebbe stata controproducente: "La Serbia non vuole la guerra", ha detto.

Sabato scorso il governo di Pristina aveva dichiarato di seguire "con attenzione e grande vigilanza" gli spostamenti delle unità militari serbe in direzione della linea di confine. "Il governo del Kosovo è in costante contatto con gli Stati Uniti e i Paesi dell'Unione Europea - sottolinea un comunicato - riguardo a tale grave minaccia proveniente dalla Serbia, e la reazione degli Usa all'approccio aggressivo della Serbia è stata immediata. Chiediamo al presidente Vucic e alle istituzioni della Serbia di ritirare immediatamente tutte le truppe dalla linea di confine con il Kosovo, e di chiudere e smilitarizzare le 28 basi militari avanzate e le 20 basi della gendarmeria che rappresentano una minaccia permanente per il nostro Paese".

Il presidente serbo Vucic aveva smentito che Belgrado stesse ammassando proprie truppe al confine col Kosovo, sottolineando che le forze serbe non avrebbero superato in nessun caso la linea amministrativa di demarcazione, come Belgrado definisce la frontiera con il Kosovo del quale non riconosce l'indipendenza.

Il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa John Kirby, venerdì sera, aveva denunciato un dispiegamento "senza precedenti" alla frontiera di carri armati, artiglieria e unità di fanteria, chiedendo a Belgrado di "ritirare immediatamente" tali forze. Analoga apprensione per la mobilitazione militare serba, con un rinnovato appello alla calma e al dialogo aveva espresso il consigliere per la Sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan in un colloquio telefonico con il premier kosovaro Albin Kurti.

Domenica anche la Nato ha invitato alla calma e ha chiesto che Belgrado e Pristina riprendano il dialogo il prima possibile come "l'unico modo per raggiungere una pace duratura".

Intanto oggi migliaia di persone hanno partecipato, nel nord del Kosovo e in Serbia, ai funerali dei tre serbi rimasti uccisi negli scontri armati del 24 settembre a Banjska. Per il governo di Pristina "l'attacco terroristico" del 24 settembre sarebbe stato preparato in Serbia con l'obiettivo di annettere tale territorio alla Serbia.

La Nato rafforza la presenza in Kosovo: altri 200 militari britannici

L'Alleanza Atlantica riferisce che circa 200 soldati britannici aggiuntivi saranno schierati in Kosovo per rafforzare la presenza di riserva messa a disposizione per la Kfor, la forza schierata dalla Nato in Kosovo, a fronte del risalire della tensione.

"Il Regno Unito sta schierando circa 200 soldati del 1° Battaglione del reggimento reale della Principessa di Galles per unirsi a un contingente britannico di 400 uomini già dispiegato in Kosovo, e ulteriori rinforzi seguiranno da altri alleati", ha detto Dylan White, portavoce della Nato. "La decisione fa seguito al violento attacco contro la polizia del Kosovo del 24 settembre e all'aumento della tensione nella regione".

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