mercoledì 17 aprile 2024
Il Gabinetto di guerra si è riunito per la terza volta da sabato. Gantz promette «saggezza» ma il premier non si pronuncia. Teheran minaccia: impiegheremo «un’arma mai vista»
Il capo di Stato maggiore israeliano Herzi halevi

Il capo di Stato maggiore israeliano Herzi halevi - ANSA

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L’attacco è deciso. E fosse stato per alcuni membri del Gabinetto di guerra Israele avrebbe dovuto rispondere colpo su colpo già durante la notte di sabato, quando l’Iran aveva scatenato la rappresaglia annunciata dopo l’uccisione di suoi generali nella sede diplomatica di Teheran a Damasco.

Oggi il “war cabinet” si è riunito per la terza volta, per decidere la risposta all’Iran nonostante le pressioni internazionali per evitare un’ulteriore escalation. Il capo di stato maggiore, Herzi Halevi, aveva promesso una reazione. Ma non mancano le divisioni interne, tra chi vorrebbe una rappresaglia esemplare sul suolo iraniano, limitando i rischi di “danni collaterali” sui civili. E chi invece suggerisce di colpire obiettivi iraniani all’estero: dagli Hezbollah in Libano, le fazioni iraniane in Siria, gli Houthi nello Yemen e altri raggruppamenti sparsi in Iraq. I miliziani appostati sul confine libanese in realtà vengono bersagliati quotidianamente, e con la stessa frequenza lanciano razzi verso Israele che ieri, con un attacco mirato, ha ucciso un comandante della fazione armata fili-iraniana.

I possibili target della reazione israeliana di Camille Eid

Solo una cosa è certa: Israele sceglierà quando e dove rispondere all’attacco dell’Iran di sabato scorso. Lo ha sottolineato il ministro del Gabinetto di guerra israeliano, Benny Gantz. Il suo nome è stato fatto dal leader dell’opposizione Lapid, che ha garantito la formazione di una nuova coalizione di maggioranza pronta a voltare la premiership per Gantz se questi contribuisse con il suo pacchetto di voti a far dimettere Netanyahu.

Il capo del governo in carica, nonostante tutti i sondaggi dicano che la sua carriera politica non ha alcuna chance di venire rilanciata, tira dritto, e da alcuni giorni non risponde neanche alle chiamate di diversi leader occidentali che invitano a evitare mosse da cui non si potrebbe più tornare indietro. «L’Iran è un problema globale e regionale, ed anche una minaccia per Israele. Pertanto il mondo dovrebbe agire contro di esso militarmente e imporgli sanzioni per fermare la sua aggressione», ha ribadito Gantz precisando di averne discusso «con alti funzionari dell’Amministrazione americana» a cui ha promesso una reazione secondo «saggezza strategica nel luogo, nel momento e nel modo».

Una guerra di parole e nervi che scommette su fattori imprevedibili.

L’intelligence israeliana spera di poter contare su un alleato indiretto che gli ayatollah fanno sempre più fatica a tenere a bada: il crescente dissenso. Basta leggere cosa circola sui social network che sfuggono al controllo dei Pasdaran: «Francamente se avessero lanciato i cetrioli, le vittime sarebbero state di più», commenta un utente irridendo la propaganda governativa che parla di «grande successo» dell’Iran dopo il lancio di oltre 300 ordigni contro Israele, senza ottenere alcun serio danneggiamento. E in diverse città e villaggi sono apparse sui muri scritte come «Forza Israele». In realtà il sentimento antisionista è molto diffuso nell’antica Persia, ma l’ostilità rivolta al regime sciita permette consonanze un tempo inimmaginabili. Perciò Teheran alza i toni.

«I sionisti devono sapere che questa volta non avranno 12 giorni e che la risposta che riceveranno non sarà calcolabile in ore o giorni, sarà data in pochi secondi», ha dichiarato alla tv di Stato il vice ministro degli Esteri iraniano, Ali Bagheri Kani. E il portavoce della Commissione per la Sicurezza nazionale del Parlamento iraniano, Abolfazl Amouei, ha sostenuto che per la ritorsione di sabato non è stata «utilizzata una potenza significativa». Ha anche avvertito che l’Iran è pronto «a usare armi mai impiegate finora». I segnali che arrivano non sono di facile decifrazione. Diverse compagnie aeree hanno sospeso i voli per Israele e altri scali mediorientali. Alcune invece prevedono il ripristino dei collegamenti già da oggi.

I fondati timori per una escalation regionale stanno però allontanando i teleobiettivi da Gaza. I carri armati israeliani si sono spinti di nuovo in alcune aree a Nord della Striscia, mentre gli aerei da guerra hanno condotto attacchi su Rafah, l’ultimo rifugio dei palestinesi, uccidendo e ferendo diverse persone. I residenti hanno segnalato anche l’interruzione della connessione Internet in diverse aree, impedendo le comunicazioni con l’esterno e ostacolando la raccolta delle informazioni. Fonti locali citate dall’agenzia Reuters hanno raccontato che i cingolati hanno circondato alcune scuole di Beit Hanoun dove si sono rifugiate decine di famiglie sfollate. Nell’area si troverebbero circa 60mila civili in quella che una volta era definita “il cesto di frutta” e ora è nient’altro che un ammasso di macerie.

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