giovedì 4 aprile 2024
La denuncia di Amnesty International: nel 2023 sono state 853 le condanne eseguite, 481 per reati legati alla droga. «Il regime semina paura per spegnere ogni tentativo di rivolta»
Proteste a Roma contro la pena di morte in Iran

Proteste a Roma contro la pena di morte in Iran - ANSA

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Le prigioni dell’Iran stanno diventando “centri di uccisioni di massa”. La denuncia arriva da Amnesty International che ha registrato una drammatica impennata delle condanne a morte eseguite dal Paese nel 2023: 853, oltre la metà dei quali, almeno 481, per reati di droga. Il numero delle esecuzioni registrato nel 2023 è il più alto dal 2015 e segna un aumento del 48 per cento rispetto al 2022 e del 172 per cento rispetto al 2021. La carneficina sta proseguendo nel 2024, con almeno 95 condanne a morte eseguite alla data del 20 marzo.
“Nel 2023 le autorità iraniane hanno intensificato l’uso della pena di morte per seminare la paura nella popolazione e aggrapparsi al potere all’indomani della rivolta “Donna Vita Libertà”, scrive la Ong.
“La pena di morte è abominevole in ogni circostanza ma applicarla su vasta scala per reati di droga al termine di processi gravemente irregolari di fronte ai Tribunali rivoluzionari è un grottesco abuso di potere. Le letali politiche antidroga stanno contribuendo a un ciclo di povertà e d’ingiustizia sistematica e rafforzano ulteriormente la discriminazione nei confronti delle comunità marginalizzate, in particolare della minoranza oppressa dei baluci”, ha dichiarato Diana Eltahawy, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.
L’impennata delle esecuzioni nel 2023 è dovuta soprattutto allo sconcertante cambiamento nelle politiche antidroga seguito all’elezione di Ebrahim Raisi alla presidenza della repubblica e alla nomina di Gholamhossein Eje’i a capo del potere giudiziario, entrambe risalenti al 2021. Amnesty International ha analizzato documenti ufficiali di alte cariche del governo e della magistratura che criticavano le riforme apportate nel 2017 alla Legge contro i narcotici, che dal 2018 al 2020 avevano favorito una notevole diminuzione delle esecuzioni per reati di droga. In quei documenti, si chiedeva di aumentare l’uso della pena di morte per combattere il traffico di droga. Ne è derivata, dal 2021, una drammatica traiettoria ascendente: nel 2023 le esecuzioni per reati di droga sono state almeno 481, il 56 per cento del totale, con un aumento dell’89 per cento rispetto al 2022 e del 264 per cento rispetto al 2021, quando le esecuzioni per reati di droga erano state, rispettivamente 255 e 132.
Il 29 per cento delle esecuzioni per reati di droga, 138, ha riguardato prigionieri della minoranza beluci, che costituisce solo il cinque per cento della popolazione iraniana, rendendo evidente l’impatto discriminatorio delle politiche antidroga sulle comunità più marginalizzate e impoverite. Spesso, i prigionieri condannati per reati di droga sono stati messi a morte in segreto, senza darne preavviso a familiari e avvocati.
“Senza un’azione urgente da parte della comunità internazionale, le esecuzioni per reati di droga continueranno ad aumentare. Magistratura, parlamento e governo sono al lavoro per una nuova Legge antinarcotici che, se verrà adottata, amplierà la gamma dei reati di droga puniti con la pena di morte”, conclude Amnesty International.


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