Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio - Ansa
La "due giorni" a Bruxelles di Luigi Di Maio si conclude con un senso di crescente preoccupazione su quanto accadrà nelle prossime settimane ma anche con la determinazione a cambiare marcia nell’azione diplomatica, altrimenti la macabra conta degli orrori non si fermerà.
Il ministro degli Esteri ha partecipato alla ministeriale Nato e Esteri G7, alla riunione dei titolari degli Esteri nel formato Quint (Usa, Germania, Francia, Italia e Gran Bretagna) e ha avuto diversi bilaterali con i colleghi dell’Alleanza. E rivendica il lavoro di Roma e degli alleati: «Continuiamo a sedere a tutti i tavoli per portare avanti un lavoro serrato, che conduca alla soluzione di questa crisi. La Nato non vuole la guerra, è anche il motivo del no alla "no fly zone". Lo abbiamo sempre detto: non è creando una guerra più grande che si mette fine a quella in Ucraina. Una Terza guerra mondiale sarebbe una catastrofe per l’umanità e non è, nella maniera più assoluta, nelle intenzioni degli alleati». Mentre rassicura, arriva la notizia della sospensione della Russia dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu. Il ministro approva: «È un segnale molto importante, la comunità internazionale ancora una volta ha condannato l’aggressione all’Ucraina e la violazione dei diritti umani da parte della Russia. Come vedete, non si tratta di uno scontro tra Occidente e Mosca: la condanna arriva dalla comunità internazionale».
Ormai lo scenario è di una guerra che durerà molto tempo. È resa atroce da Putin. Ma c’è anche chi pensa, nel libero dibattito che le democrazie possono e debbono concedersi, che sia resa ancora più pesante dalle scelte occidentali, compreso l’invio di armi (e ieri proprio la Nato ha annunciato l’aumento delle forniture).
Sì, questa guerra rischia di essere lunga e logorante, l’esercito russo potrebbe contrattaccare nel Sud-Est dell’Ucraina, in maniera ancora più aggressiva e violenta. Putin ha la necessità di mostrare al suo popolo di essere vincitore, per questo dobbiamo aspettarci che la sua guerra andrà ancora avanti. Noi però abbiamo il compito di farlo sedere al tavolo del negoziato per una tregua. Questa guerra sta uccidendo civili ucraini, allo stesso tempo sta distruggendo anche l’economia russa e gli effetti rischiano di fare del male a tutta l’Europa. Per questo ogni sforzo deve andare verso la direzione della pace, bisogna mettere la parola fine a questa atroce guerra russa.
Tante voci autorevoli ritengono che lo sforzo diplomatico per la pace messo in campo sinora dai nostri Paesi non sia sufficiente.
Ribadisco che in questo momento l’unica arma davvero efficace è quella diplomatica. Dobbiamo portare avanti la forte richiesta di un cessate il fuoco, una tregua umanitaria e soprattutto un accordo che ponga fine alle ostilità. Il nostro Paese in questo momento sta operando su tre versanti che non sono in contraddizione e che hanno come unico obiettivo quello di impedire una escalation: fermare il finanziamento all’esercito russo, raggiungere la pace, tutelare la sicurezza in Italia. Come Paese continuiamo a lavorare per arrivare finalmente a una soluzione, obiettivo che si può raggiungere anche tramite una Conferenza di pace che stiamo promuovendo. Sarebbe il via a un iter per mettere fine alle ostilità. L’Italia è disponibile a rivestire un ruolo di garante: sosteniamo il negoziato, credendo molto anche nel ruolo della Turchia. Voglio però ribadire una cosa: non bastano le due parti al tavolo, dobbiamo aggiungere altri attori internazionali.
«La Russia ha superato la linea rossa
che vuole invaderci. Spese militari?
Le immagini di Bucha segnano un "prima" e un "dopo" di questo conflitto. Eppure c’è enorme divisione sulle responsabilità, c’è un dibattito mediatico molto divisivo.
Continuiamo a vedere immagini terribili, dall’Italia c’è assoluto sostegno all’accertamento di crimini di guerra. A Bucha non ci sono finzioni o effetti speciali, ci sono cadaveri di civili ucraini massacrati e trucidati per strada, è una vergogna mondiale. Bisogna smettere di seminare terrore. Ognuno è libero di pensarla come vuole, ma basta negare l’evidenza, ci sono atrocità che si possono documentare attraverso foto, video e testimonianze viventi: violenze sessuali, morte e tanto altro… È stata superata la linea rossa, quella umanitaria, e rischia di andare solo peggio. I Paesi che sostengono i valori della democrazia devono fermare questa scia di sangue. Dobbiamo allontanare questa violenza antidemocratica che vuole invaderci, e diffondere i nostri anticorpi di democrazia che garantiscono il rispetto della persona.
L’Italia contribuirà alla ricerca delle responsabilità?
A Bucha sono stati commessi orrori contro il popolo ucraino, contro civili indifesi. L’Italia garantirà ogni necessario supporto alla Corte penale internazionale anche tramite l’Ue per l’accertamento di questi crimini e dei loro responsabili. Alla guerra di Putin, che condanniamo fermamente, va messa la parola fine, serve subito una de-escalation. Stiamo tutti condannando, senza se e senza ma, queste atrocità.
Intanto a nette condanne verbali si accompagnano indecisioni sulle sanzioni. Si stanno facendo le scelte che servono o si sta guadagnando tempo rispetto a conseguenze economiche che potrebbero costare caro all’Europa?
Anche con le nuove sanzioni l’obiettivo è fermare i finanziamenti che alimentano l’avanzata violenta dell’esercito russo. Dobbiamo chiudere quei rubinetti, così da fermare la guerra e mettere la parola fine agli orrori.
Sul gas l’Italia è davvero pronta a chiudere il rubinetto russo?
Non ci sono veti italiani a un blocco dell’import di gas russo. Il nostro ragionamento si proietta sul sostegno a cittadini e imprese: adesso, da parte dell’Ue, è essenziale introdurre il tetto massimo al prezzo del gas, oltre che un fondo compensativo, un vero e proprio fondo di emergenza Ue, per andare incontro alle esigenze degli Stati membri. Serve un’azione coraggiosa dell’Ue, su questo l’Italia darà il massimo. Non lasceremo sole famiglie e imprese italiane. Su questo l’Italia deve portare avanti una battaglia decisa, senza divisioni interne. L’Ue, anche su questo deve mostrarsi compatta e non deve farsi scalfire da prese di posizione in senso contrario. Non sono tollerabili divisioni e veti. Sul fronte dell’autonomia da Mosca, dopo Algeria, Qatar, Congo, Angola e Mozambico, anche con l’Azerbaijan abbiamo rafforzato la cooperazione in campo energetico.
Anche la situazione umanitaria sembra peggiorare...
È prioritario restare concentrati sui corridoi umanitari in Ucraina perché è l’unico modo per salvare civili innocenti dalla guerra devastante e straziante che Putin continua a portare avanti. Siamo molto preoccupati. Le sconfitte dell’esercito russo potrebbero trasformarsi in una reazione incontrollata, proprio per questo bisogna accelerare con i negoziati, arrivare a una tregua e quindi alla pace.
Il Papa si è espresso con forza contro la corsa al riarmo. Su questo punto c’è il tema caldo del 2% del Pil concordato in sede Nato. E c’è la prospettiva della Difesa comune europea. La sua posizione?
L’Italia sostiene una Difesa comune europea, sempre più urgente dinanzi a eventi come l’aggressione del governo russo in Ucraina. L’Europa deve rafforzare la sua Difesa, soluzione che va di pari passo con l’adozione di una politica estera comune. Le due cose sono imprescindibili. È fondamentale per garantire sicurezza dei Paesi membri.
La Lega le ha contestato l’espulsione dei 30 diplomatici russi. È una scelta che lei invece rivendica come giusta?
Uno dei nostri focus più importanti è la sicurezza nazionale: tutelare il Paese e gli italiani non significa compromettere gli sforzi verso la pace o rompere irrimediabilmente le relazioni diplomatiche con la Federazione Russa. Si tratta di un’azione coordinata a livello europeo e a livello di alleati. Eviterei di usare la questione per sventolare una bandierina elettorale, eviterei qualunque tipo di strumentalizzazione.
Siamo pronti a riaprire l’ambasciata a Kiev, come annunciato nei giorni scorsi?
Non escludo che accada, ovviamente agiremo in sintonia con gli altri partner europei. Ne ho parlato oggi a Bruxelles con il collega Kuleba e ha molto apprezzato. Loro si stanno organizzando per riaprire anche il ministero degli Esteri. Intanto l’Unità di crisi della Farnesina insieme a tutti gli apparati dello Stato continua il suo lavoro straordinario: degli oltre 2.000 italiani presenti in Ucraina, ne sono rimasti soltanto in 160 circa, molti dei quali non vogliono lasciare il Paese.
Le è stata aumentata la scorta: preoccupato, ministro?
Non saranno le intimidazioni o le minacce a fermare la nostra azione, che ripeto ci deve condurre alla pace. Non c’è spazio per le violenze o per i violenti. Lavoriamo dando il massimo ogni giorno per fermare queste atrocità.