Il presidente venezuelano Nicolás Maduro - Reuters
Mentre a Dubai è in corso la Conferenza dell'Onu sui cambiamenti climatici, finalizzata all'addio progressivo ai combustibili fossili e ai loro gas serra, il Venezuela di Nicolás Maduro va controcorrente. E saluta con un plebiscitario Sì referendario la proposta governativa di rivendicare come proprie le risorse petrolifere della confinante Guyana. Prospettando di fatto un'annessione. Oggetto del contendere è la regione dell'Esequibo, con i suoi giacimenti off-shore scoperti di recente e sfruttati dalla statunitense Exxon Mobil per conto del governo della (poverissima) Guyana. Una mossa, quella di Maduro, che guarda anche alle elezioni presidenziali del 2024. Da una posizione di forza.
Arringando la folla sulla storica Plaza Bolívar di Caracas, Maduro non ha proferito particolari minacce, sostenendo che «si è trattato di una vittoria che ha unito la patria, senza discriminazioni e senza partitisti». E ha ringraziato tutti coloro che hanno partecipato alla costruzione del successo, compresi quei partiti dell'opposizione che hanno convinto i loro militanti a votare. «La vittoria nel referendum sull'Esequibo è stata schiacciante, e con essa abbiamo fatto i primi passi per una nuova, potente, tappa storica che rafforza la nostra ambizione di sovranità sull'Esequibo», ha detto. Per Maduro si è trattato di una «sconfitta del governo della Guyana e della compagnia statunitense ExxonMobil» che «sfruttano illegalmente le risorse petrolifere» di quel territorio.
Secondo il presidente del Consiglio nazionale elettorale (Cne), Elvis Amoroso, al referendum consultivo «il Sì di 10.554.320 persone che hanno votato, circa la metà degli aventi diritto, è stato superiore al 95% per tutti i cinque quesiti posti». Compreso, ha sottolineato, quello più controverso, il quinto, che chiedeva un appoggio alla proposta di creare uno Stato denominato Guyana Esequiba da integrare alla Federazione venezuelana, che è stato accettato con il 95,93% di Sì contro il 4,07% di No.
Un contenzioso che risale al 1899. Le accuse di Maduro alla Exxon Mobil
Ripetutamente il leader chavista ha ammonito la Guyana, che amministra i 160.000 kmq dell'Esequibo ricchi di petrolio, per aver cercato di mettere in difficoltà il Venezuela continuando a considerare valido il lodo del 1899, portando il caso alla Corte internazionale di giustizia (Icj) e rifiutandosi invece di riconoscere l'accordo firmato da Caracas e Georgetown nel 1966 a Parigi per una soluzione delle differenze attraverso un dialogo bilaterale.
Dopo aver considerato la Guyana un ostaggio degli Stati Uniti e delle compagnie petrolifere statunitensi a cui il presidente guyanese Mohamed Irfaan Ali avrebbe venduto il Paese, Maduro ha sostenuto che da quando sono stati scoperti i pozzi di petrolio nella regione contesa «la Exxon Mobil si è intascata 22.000 milioni di dollari, mentre alla Guyana sono andati soltanto 3.000 milioni».
La Guyana: nulla da temere, abbiamo il sostegno del mondo
Il presidente della Guyana ha dichiarato che per i suoi cittadini «non c'è nulla da temere nelle prossime ore, giorni e mesi», perché «il nostro governo ha fatto un grande lavoro per mobilitare un sostegno internazionale a nostro favore». Ali si è rivolto anche ai venezuelani invitandoli a «unirsi a noi per sostenere una risoluzione della controversia sui confini da parte della Corte internazionale di giustizia».
Ribadendo la sua politica della mano tesa verso la nazione vicina, il capo dello Stato guyanese ha fatto allusione alla mobilitazione militare esistente in Venezuela, indicando che comunque «la nostra vigilanza sarà rafforzata, per cui stiamo lavorando 24 ore su 24 per garantire che i nostri confini rimangano intatti e che le persone e il nostro Paese rimangano al sicuro».