Il presidente cinese Xi Jinping visita una scuola a Pechino - ANSA
Per anni è stato un lavoro ambito, ricercato, che assicurava rispetto e garantiva sicurezza. «Una ciotola di riso di ferro», come dicono, icasticamente, da queste parti. Essere un insegnane in Cina, insomma, rappresentava uno status privilegiato. Eppure le certezze che accompagnavano l’insegnamento stanno franando. Aggredite su diversi fronti. Il primo, il più traumatico, è il fattore demografico, sorta di gigantesca involuzione che sta modificando in profondità gli assetti della società cinese. Il gigante asiatico “dimagrisce”, e gli effetti iniziano a raggiunge le classi. I dati sono impietosi. Il numero di bambini nati in Cina è in caduta libera dal 2017 con le nascite, crollate di oltre 500mila unità lo scorso anno, scese a poco più di 9 milioni. Le scuole materne hanno registrato il primo calo in quasi due decenni nel 2021, mentre gli studenti delle scuole primarie sono diminuiti nel 2022 per la prima volta in un decennio. Ma non basta. Nel 2021 il numero di bambini negli asili nido ha registrato il primo calo dal 2003, seguito da un altro calo del 3,7% nel 2022. Nello stesso anno, anche il numero di alunni delle scuole primarie è diminuito per la prima volta dal 2013, scendendo di 478.800 unità rispetto all’anno precedente, attestandosi a quota 107 milioni. Il risultato finale di questi “sommovimenti”? Entro il 2035, si registrerà in Cina un surplus di 1,5 milioni di insegnanti delle scuole primarie e di 370mila docenti delle scuole secondarie.
Una bandiera cinese - REUTERS
Secondo il South China Morning Post, con il gigante asiatico già alle prese con la crisi immobiliare, una crescita anemica e una domanda sia interna che esterna fiacca, la pressione fiscale alta, sarà quasi inevitabile che sul corpus degli insegnati si abbatta l’incubo dei tagli al personale. Come riporta ancora il quotidiano di Hong Kong, «nell’ultimo anno, una serie di governi locali, come nello Shandong e nel Sichuan, hanno annunciato l’intenzione di sopprimere alcuni corsi di laurea legati all’istruzione in modo da frenare l’offerta di insegnanti».
Ma il ridimensionamento non sarà solo numerico. Come riporta il sito di informazione The World of Chinese, l’auto stima degli insegnanti è messa a dura prova, demolita dalla crescente burocratizzazione dell’istruzione che ha moltiplicato i pesi che gravano sulle spalle dei docenti. Un sondaggio, condotto dal Guangming Daily e dall’Istituto Nazionale di Educazione cinese, ha rilevato che il 92,1% degli insegnanti intervistati denunciava di lavorare più di 9 ore al giorno e un terzo degli intervistati per più di 55 ore a settimana. «Si tratta – scrive il sito – di undici ore in più rispetto alle 44 ore massime previste dalla legge cinese sul lavoro». Per Hua Jing, insegnante di scuola elementare con 13 anni di esperienza nella provincia di Hunan, la professione rischia di rimanere schiacciata sotto oneri che poco o nulla hanno a che fare con l’ambito accademico. «Prima si trattava principalmente di insegnare, compresa la preparazione delle lezioni, la correzione degli esercizi e dei compiti degli studenti e il tutoraggio dopo le lezioni. Ma ora siamo come camerieri tutto fare», ha raccontato. Un sovraccarico di mansioni, che secondo The World of Chinese, si traduce in un aumento esponenziale dei casi di depressione e di ansia. La ciotola rischia di andare in frantumi.