sabato 27 aprile 2024
La delegazione egiziana cerca di fermare l'attacco su Rafah con una nuova proposta di accordo. Blinken torna a Tel Aviv
Gli sfollati di Rafah cercano rifugio sulla spiaggia dallo squallore delle tendopoli

Gli sfollati di Rafah cercano rifugio sulla spiaggia dallo squallore delle tendopoli - Ansa

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L’ultima chance. Con la spada di Damocle dell’attacco israeliano a Rafah, nelle ultime ore, la diplomazia internazionale ha moltiplicato gli sforzi per stoppare l’operazione che, anche ieri, il segretario generale del Norwegian refugee council, Jan Egeland, ha definito «un potenziale disastro» per l’1,3 milioni di sfollati ammassati nella cittadina più meridionale di Gaza. A prendere in mano la situazione per evitarlo è ora l’Egitto che ha soppiantato il Qatar nel ruolo di principale mediatore tra Hamas e il governo di Tel Aviv. La questione di Rafah ha un impatto diretto sul Paese confinante che teme un massiccio afflusso di profughi.

Già 100mila secondo le stime, sarebbero riusciti a oltrepassare la frontiera in vista dell’azione di terra. Guidata dal potente capo dell’intelligence, Abbas Kamel, la delegazione del Cairo ha incontrato il leader del Mossad, David Barnea, e il consigliere per la sicurezza nazionale, Tzachi Hanegbi per illustrare una nuova proposta di compromesso. Questa prevede, in cambio di un cessate il fuoco di varie settimane – si parla di meno di sei ma la durata non è stata definita – il rilascio di 33 ostaggi, «gli unici ancora in vita». Dettaglio inquietante quest’ultimo: se verificato significherebbe che la morte in cattività di 101 prigionieri ancora nelle mani del gruppo armato. Un colpo durissimo per i familiari che da oltre sei mesi protestano contro l’intransigenza del governo di Benjamin Netanyahu. E per l’intera società israeliana che considera la liberazione dei rapiti un dovere inderogabile dello Stato. La pressione per riportare a casa almeno i sopravvissuti è forte. E le prime reazioni israeliane al piano egiziano appaiono positive. Fonti vicine ai colloqui, citate dai media, sostengono che Netanyahu potrebbe accettare un’intesa che preveda il rilascio di tutti e 33 gli ostaggi e non solo dei venti inizialmente proposto dal gruppo armato. In cambio potrebbe concedere il ritorno dei profughi nel nord di Gaza e il ritiro dell’esercito dal corridoio Netzarim che taglia in due la Striscia. Se Hamas dovesse, però, tentennare, il via libera all’attacco a Rafah sarebbe immediato. Al di là dell’esito, l’iniziativa del Cairo è riuscita a rilanciare i negoziati. «Siamo entrati in una nuova fase», ha detto il segretario della Sicurezza nazionale Jack Sullivan. E gli Stati Uniti stanno affiancando il Cairo perché si arrivi alla svolta. Martedì, il segretario di Stato, Antony Blinken tornerà per la settima volta a Israele dopo il 7 ottobre proprio per discutere il dossier Rafah. Proprio per creare una migliore disposizione nel governo Netanyahu, Washington ha fatto sapere di avere al momento sospeso il processo di sanzioni nei confronti dell’unità ortodossa dell’esercito, il battaglione Netzah Yehuda, accusato di gravi violazioni dei diritti umani. Al contempo, alti funzionari europei e arabi si riuniranno a Riad a margine del World economic forum per affrontare il nodo della guerra a Gaza.

Mentre il mondo cerca di trovare soluzioni, la situazione umanitaria della Striscia oltretutto si fa ogni giorno più tragica. E le immagini delle macerie e dei superstiti a caccia di cibo pesano come un macigno sulle opinioni pubbliche, dentro e fuori Israele. Ieri una delegazione di trenta rabbini e attivisti per la pace è stata arrestata mentre cercava di portare cibo dal valico di Erez. I partecipanti sapevano che non sarebbero riusciti a varcare il confine blindato. Hanno, però, voluto fare una provocazione, in occasione della Pasqua ebraica, per denunciare la cronica mancanza di assistenza patita dai palestinesi dell’enclave nonostante i piccoli progressi delle ultime settimane. Nel frattempo, i combattimenti continuano serrati. Da giorni Israele ha intensificato i raid. Le vittime sono ormai 34.356 secondo il ministero della Salute controllato da Hamas. Tensione anche a Ramle dove una 18enne israeliana è stata accoltellata da un attentatore ucciso dalle forze di sicurezza. Il ministro per la Sicurezza, Itamar Ben Gvir, che si era recato a supervisionare la scena è stato coinvolto in un incidente stradale al rientro ed è rimasto ferito in modo lieve.

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