mercoledì 16 ottobre 2024
Reportage dalla città dove l'artiglieria russa si è attestata sull'argine opposto del fiume. Bersagliata da missili, cecchini, cannoni e adesso anche dal macabro tiro a segno dei piccoli droni killer
Nella trappola di Kherson, civili inseguiti e uccisi dai "droni giocattolo"
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Nella città che sull’argine opposto del Dnepr vede accendersi le bocche da fuoco russe, dopo quasi tre anni di battaglie tutti sanno quando sta per piovere una granata, un missile, un drone carico di tritolo o un colpo d’artiglieria. «Ma la pallottola del cecchino e i droni giocattolo con le bombe a mano, quelli non li senti neanche arrivare», avverte il poliziotto che ci sconsiglia di andare oltre.
Quella che attraversiamo la chiamano “No man’s land”, non perché sia terra di nessuno, ma perché dopo una certa ora nessuno ci cammina più. L’ultimo stadio dei crimini di guerra lo conferma, la propaganda russa che sui “canali riservati” nei quali i soldati si vantano di ogni civile dilaniato, mostrano di cosa sono capaci. Il fruttivendolo che nel sobborgo più lontano dalla gittata dell’artiglieria pensava d’essere più al sicuro della gente ricca che prima della guerra aveva preso casa con vista sul lungo fiume, adesso guarda le immagini dell’esplosione che gli ha ammazzato un cliente abituale giunto in macchina come quasi ogni settimana. Il filmato delle microcamera montata a bordo di un drone radiocomandato da poche decine di euro mostra il momento esatto in cui il manovratore posiziona il quadricottero sopra alla bottega mentre penzola una bomba a mano agganciata a un cestello che si apre per far cadere la bomba. Un attimo dopo due civili rantolano a terra mentre il drone se ne va. A poca distanza accade di nuovo. Stavolta i cecchini dei droni, sembrano dei videogamer: inseguono un’auto sulla via d’ingresso principale. L’automobilista non sa cosa gli vola sopra. Morto anche lui, dopo che l’ordigno gli ha sfondato il lunotto esplodendo nell’abitacolo e mandando l’auto a invadere la corsia opposta. Il confine tra terrorismo e guerra è superato da un pezzo, in Ucraina. A settembre, segnala l’Onu, si è arrivati al numero record di 208 civili uccisi e 12 mila feriti. «Vogliono che ce ne andiamo da qui perché vogliono riconquistare Kherson», assicura il funzionario della Croce rossa locale a cui un colpo di artiglieria ha devastato gli uffici e sfasciato quattro veicoli.

Da ieri il coprifuoco è stato anticipato alle 20, ma già dalle 16 Kherson si rinchiude al buio trasformandosi in città fantasma. I droni russi arrivano anche alla finestra. Un altro video mostra le piccole eliche anteriori che puntano alla finestra di una casa. Si distingue la testa di un Rpg, un proiettile anticarro che stavolta plana furtivamente fin dentro l’appartamento. Quello che resta lo vediamo davanti a noi: il tetto scoperchiato, le pareti divelte, e vite andate letteralmente in pezzi. Niente è per caso, neanche le uccisioni dei civili che sembrano dettate dai capricci dei dronisti. «L’obiettivo principale dell’esercito russo è prendere possesso delle isole situate lungo il Dnepr», spiega Serhiy Bratchuk, portavoce dei volontari delle forze ucraine nel Sud.

E non sono semplici isolotti fluviali. Tra i canali di Kherson c’è un arcipelago fatto di industrie oramai abbandonate, con infrastrutture stradali e portuali che potrebbero cambiare la sorta della battaglia: se i russi riuscissero a prenderle, allora non resterebbe che evacuare l’intero abitato e tornare alla guerra casa per casa; se invece gli ucraini piazzassero lì le loro prime linee, guadagnerebbero una trampolino da cui bersagliare i battaglioni di Mosca costringendoli ad arretrare vero la Crimea, liberando Kherson dalla tortura dell’artiglieria nemica ravvicinata.
Solo ieri nell’intera provincia, divisa a metà tra regione ancora occupata (in direzione della Crimea) e territorio liberato, le forze russe hanno preso di mira 22 insediamenti oltre al capoluogo. Quattro civili sono stati uccisi e sei sono rimasti feriti.
Restare in città per molti è come combattere. «Forse peggio», dice Sasha che va a prendere il caffé indossando sempre il giubbetto antiproiettile. «Perché se combatti sai che il nemico è di fronte a te. Qui invece è dappertutto. Oltre il fiume, sopra le nostre teste, e forse anche tra di noi, perché ormai – racconta sconfortato – nessuno si fida più di nessuno, e abbiamo l’impressione che i russi spesso abbiano informazioni che gli passa qualcuno da dentro la città». L’attesa oggi è per il “piano della vittoria” annunciato dal presidente Zelensky e mai rivelato nei suoi dettagli. Il leader ucraino lo presenterà al Parlamento che lo renderà pubblico, ad eccezione di alcune condizioni che verranno rese note solo ai capigruppo sotto vincolo di segretezza. Domani a Bruxelles lo presenterà anche al Consiglio Ue. Intanto Mosca conferma il patto di ferro con la Corea del Nord, che sta inviando combattenti in Ucraina e aumentando le spedizioni di armi per l’esercito moscovita, come ha ufficializzato ieri il Cremlino, attraverso il portavoce Peskov.


Dopo 965 giorni di guerra metro per metro, le tecniche si vanno affinando. E anche le percentuali di successo della contraerea ucraina non sembrano quelle di un tempo ieri sono stati abbattuti 12 droni su 17, ma non è stato intercettato neanche uno dei sette missili sparati contro la provincia di Mykolaiv e altri due in direzione Chernihiv. A Mykolaiv, che non è mai stato un riparo sicuro a metà strada tra Kherson e Odessa, una donna è stata uccisa e altri 23 civili sono stati feriti gravemente nell’attacco che ha colpito una struttura industriale dove forse erano immagazzinato equipaggiamento militare, e un complesso di ristoranti, negozi, edifici residenziali. Già prima del coprifuoco gli allarmi riprendono a suonare, e molti adesso si domandano quanto durerà stanotte il fatale tiro a segno.
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