Gli effetti dei bombardamenti russi su Zaporizhia - Polizia Ucraina / Ansa
È stato l’ultimo colpo di coda di un esercito ormai prossimo alla disfatta? O le decine di missili scagliati fra ieri e avant’ieri su tutta l’Ucraina suggeriscono che l’arsenale di Putin è ancora dirompente? Sir Jeremy Fleming, che comanda lo spionaggio britannico in fatto di guerra elettronica e di intercettazioni (Gchq), non ha dubbi: «Le munizioni russe si stanno esaurendo. Lo sappiamo noi e ne sono consapevoli i comandi dell’Armata Rossa».
Ma ne siamo davvero sicuri? Il fatto che Zelensky reclami a gran voce armi antiaeree e intercettori antimissile sembrerebbe smentire il britannico.
Ci sono altri dati che raccontano una storia diversa da quella sciorinata dal Gchq: l’esercito russo ha usato finora il 40% circa dei suoi missili più moderni. Per gli americani, prima del 24 febbraio, Mosca ne aveva grosso modo 5mila. Facendo due calcoli gliene resterebbero 3mila. Duemila sono stati bruciati in otto mesi di guerra. Sono tanti per un’operazione definita meramente «speciale» e i russi sono costretti ad economizzarli: quelli in riserva non possono essere sparati tutti, perché potrebbero servire un domani per affrontare la Nato. Non sono infiniti ed è complicato produrli. Le fabbriche russe possono sfornarne 120-130 l’anno, con piccole differenze a seconda dei modelli. Sono quantità limitate.
Ma l’industria di Putin ha altro in mente. Sembra intenzionata ad aumentare i ritmi produttivi e a puntare sui vettori semibalistici e ipersonici, impossibili da intercettare e sicuri di centrare il bersaglio. Un modo per evitare gli sprechi. L’embargo tecnologico occidentale mette certo i bastoni fra le ruote, ma non può tutto. Rallenta le forniture, ma colpisce soprattutto i sistemi terra-aria, le fabbriche di carri armati di ultimo grado, le navi e gli aerei.
I missili sono sfuggenti: purtroppo eludono le sanzioni. Quelli di precisione hanno alte tecnologie, ma non si servono di elettroniche specifiche. Sono fatti apposta con circuiti rudimentali, pensati per essere più robusti e protetti. Moltissime delle loro componenti si trovano sul mercato civile. Sono affatto complementari. Azzardando un paragone hanno microprocessori molto più potenti i nostri telefoni che non i missili e gli aerei di ultima generazione. A peggiorare le cose si aggiunge un altro spettro. Il forziere di armi non guidate custodito nel ventre russo è sterminato.
I missili vecchio stampo sarebbero non meno di 7mila, pronti all’uso. E c’è un altro dato allarmante: gli ingegneri russi hanno convertito in armi terroristiche terra-terra ordigni pensati in origine per la difesa da aerei e razzi. Ne hanno 28mila, modificabili in missili ultraveloci, imprecisi, ma altamente distruttivi. Progettano di fare altrettanto con i missili di prima generazione, ancora in servizio con gli eserciti di decine di clienti russi. Per rifornirli, Mosca ha mantenuto sempre aperte le linee di produzione. Ne conosce i segreti e non ha perso i dettagli tecnici.
Se la misura andrà in porto, saranno diverse decine di migliaia di nuove munizioni potenziali. Il fatto che l’Armata Rossa alterni da otto mesi missili ultraprecisi e vettori vecchi indica che progetta una guerra lunga. Le sue riserve, le sue capacità produttive integre e le schiere di ingegneri militari al lavoro non promettono nulla di buono. Duole dirlo, ma la Russia può continuare i raid terroristici contro l’Ucraina per tanti mesi ancora. E’ il dramma della guerra, di tutte le guerre, anche se questa ci tocca più da vicino.