martedì 9 luglio 2024
I soccorritori stanno estraendo corpi dalle macerie e parlano di decine di feriti. Intanto un rapporto Onu accusa Israele di usare la fame come arma. A giugno 3 bambini morti per malnutrizione
Un bambino davanti alle macerie dopo un bombardameno nella Striscia di Gaza

Un bambino davanti alle macerie dopo un bombardameno nella Striscia di Gaza - Ansa

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In serata erano stati recuperati 29 corpi, ma quello fornito dalla Mezzaluna Rossa palestinese è il bilancio provvisorio dell’attacco aereo israeliano che ha colpito le tende degli sfollati fuori dalla scuola “Awda”, nei pressi di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza. Israele non ha commentato, limitandosi a riferire di un precedente raid contro una scuola nel sud della Striscia.

Ma non ci sono solo le armi a uccidere. Dyez Ataya aveva sei mesi quando il 30 maggio è morto nell’ospedale di Deir Al-Balah. Due giorni dopo nello stesso reparto è stato dichiarato il decesso di Abdulqader Al-Serhi, 13 anni. Ancora due giorni ed è toccato ad Ahmad Abu Reida, 9 anni, spirato nella tenda dove si era riparato con la sua famiglia, a Khan Younis. Tutti e tre erano scampati alle bombe su Gaza, non alla fame. «Sono morti per malnutrizione e mancanza di accesso a un’assistenza sanitaria adeguata». L’accusa è degli esperti nominati dalle Nazioni Unite. «Con la morte di questi bambini per fame nonostante le cure mediche nel centro di Gaza – si legge nel report Onu –, non c’è dubbio che la carestia si sia diffusa dal nord di Gaza al centro e al sud».

Gli autori della denuncia diffusa attraverso il Consiglio Onu per i Diritti Umani sono Michael Fakhri, Relatore speciale Onu sul diritto all'alimentazione; Balakrishnan Rajagopal, Relatore speciale sul diritto a un alloggio adeguato; Tlaleng Mofokeng, Relatore speciale sul diritto di ogni individuo al godimento del più alto livello raggiungibile di salute fisica e mentale; Francesca Albanese, Relatore speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967; Pedro Arrojo-Agudo, Relatore speciale sui diritti umani all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari; Paula Gaviria Betancur, Relatore speciale sui diritti umani degli sfollati interni; George Katrougalos, Esperto indipendente sulla promozione di un ordine internazionale democratico ed equo; Barbara G. Reynolds (presidente), Bina D'Costa, Dominique Day e Catherine Namakula, Gruppo di lavoro di esperti sulle persone di origine africana.

Nell’ultima settimana Israele sostiene di avere ucciso almeno 150 miliziani di Hamas e della Jihad islamica, mentre è in corso una nuova offensiva con i carri armati a Gaza City. Lunedì era stato colpito anche il complesso scolastico cattolico della “Sacra Famiglia”, ripetutamente bersagliato in questi mesi. La struttura si trova a circa quattro chilometri dalla parrocchia, dove vivono ancora asserragliati decine di sfollati, ma che al momento sono fuori dalla portata del fuoco incrociato. Le operazioni militari delle ultime ore mettono a rischio anche i flebili spiragli negoziali. Oggi i capi dell’intelligence israeliana saranno a Doha, in Qatar, per proseguire i colloqui finalizzati al raggiungimento di un cessate il fuoco nella Striscia, che permetta la liberazione degli ostaggi israeliani ancora prigionieri degli estremisti. Lo riporta l’emittente israeliana “N12” citando una propria fonte secondo cui «le notizie che arrivano dall’Egitto su progressi significativi sono premature, ma c’è un cambio di direzione». Hamas ha smentito di essere disponibile a una intesa in mancanza di una tregua.
L’accesso degli aiuti umanitari è un tema chiave e la nuova denuncia degli incaricati Onu mira a ottenere corridoi senza ostacoli. Ieri l’Egitto ha fermato l’invio dei convogli a causa dei coloni israeliani che hanno ripetutamente assalito e dato alle fiamme camion umanitari diretti a Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom.
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