I taleban affollano un mezzo sulle strade di Kandahar, la seconda città dell’Afghanistan - Ansa / Afp
Con le principali città afghane cadute come birilli e la presa di Kabul sempre più vicina (e probabile), i taleban cambiano registro. E offrono una «amnistia» per chi abbia collaborato con il governo afghano e con le «forze occupanti». In un comunicato, i miliziani hanno assicurato «per tutti coloro che hanno lavorato e collaborato con gli occupanti in passato o con l’amministrazione di Kabul, un’amnistia generale. A tutti coloro, militari e civili, che si uniscono all’Emirato islamico, saranno assicurate condizioni adeguate per servire il Paese».
Non solo: quelli che sembrano avviati a essere i nuovi “padroni” dell’Afghanistan promettono «che tutti che i diplomatici e al personale delle ambasciate, dei consolati e delle istituzioni, sia straniere che nazionali, non solo saranno al sicuro, ma godranno anche di un’atmosfera di sicurezza e fiducia». Ma non basta: il capo militare degli insorti, il mullah Yaqoob, figlio del mullah Omar, ha chiesto ai combattenti di «proteggere gli aeroporti».
Prove di insediamento al governo? Il segnale dell’esistenza di una trattativa in corsa che eviti un’offensiva che, per le Nazioni Unite, avrebbe «un impatto catastrofico sui civili»? Difficile dirlo. Una cosa è certa: l’attività per facilitare le evacuazioni delle ambasciate si fa sempre più frenetica. Segno che la situazione nella capitale potrebbe precipitare presto.
Gli Usa invieranno 3mila militari nella capitale e dispiegheranno altri 5mila uomini nelle basi dei Paesi del Golfo, Qatar e Kuwait. Norvegia e Danimarca hanno chiuso temporaneamente le loro sedi, la Germania ha ridotto il proprio personale. Il premier Mario Draghi e il ministro degli Esteri, Luigi di Maio hanno fatto il punto sulla situazione ed hanno ribadito la necessità di procedere con la massima attenzione per mettere in sicurezza anche il personale dell’ambasciata italiana a Kabul. La Farnesina ha assicurato di «mantenere il più stretto contatto con il Dipartimento di Stato Usa».
Da parte sua, il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg ha fatto sapere che la Nato «manterrà la sua presenza diplomatica a Kabul» a ha ribadito che i «taleban non saranno riconosciuti» dalla comunità internazionale se prenderanno con la forza Kabul. Il primo ministro britannico Boris Johnson ha convocato una riunione straordinaria del comitato di emergenza Cobra, organismo che si occupa di dossier urgenti relativi alla sicurezza nazionale, per «discutere dell’attuale situazione» in Afghanistan.
Si tenta anche l’estrema mediazione diplomatica. La Russia si è detta convinta che «i mediatori internazionali» possano giocare un «ruolo maggiormente significativo» in Afghanistan e parla del coinvolgimento dell’Iran e anche dell’India.
Sul terreno l’avanzata dei taleban appare inarrestabile. Con la conquista di Kandahar, Lashkar Gah e Feroz Kohl sono quindici (su 34) i capoluoghi di provincia dell’Afghanistan passati sotto il controllo dei miliziani in appena una settimana. Tra le grandi città finite in mano ai taleban ci sono quelle di Herat, dove per anni sono stati dispiegati i soldati italiani, Kandahar, culla del movimento fondato dal mullah Omar, e Lashkar Gah, capoluogo della turbolenta provincia meridionale di Helmand.
Nelle ultime 24 ore, secondo il bilancio quotidiano del ministero della difesa afghano, i combattimenti si sono protratti in 7 delle 34 province del Paese, durante i quali 202 combattenti taleban sono stati uccisi e 89 sono rimasti feriti. L’Agenzia Onu per i Rifugiati ha invece stimato l’esistenza di almeno 250 mila profughi dall’inizio di maggio, di cui circa l’80% sono donne e bambini. Questo esodo si somma ai 150 mila profughi registrati fra gennaio e maggio, portando il totale dei rifugiati a 3,3 milioni di persone in tutto il Paese.